Niente affitto se non sei italiano. Accade, questa volta, a Perugia, dove la trattativa per una stanza si è bruscamente interrotta quando il proprietario della casa ha capito che avrebbe avuto a che fare con un ragazzo straniero, un palestinese.

La vicenda, portata a galla dall’Udu-Sinistra Universitaria, ha i contorni della commedia grottesca, con retrogusto inequivocabilmente xenofobo. A raccontarla è Majd, 23 anni, studente di scienze politiche di origine palestinese. «Ho deciso di parlare perché il silenzio normalizza e troppe volte non abbiamo denunciato», spiega. Majd non cercava una stanza per sé, ma per un ragazzo suo connazionale che aveva visto un annuncio su uno dei tanti gruppi di Facebook in cui gli studenti universitari cercano alloggi e posti letto. Inizialmente, la trattativa telefonica sembrava essersi incanalata sui binari giusti – «Sarà perché parlo abbastanza bene l’italiano», commenta il ragazzo, che vive qui da quando di anni ne aveva 17 – poi però il proprietario ha chiesto se l’amico di Majd in cerca di sistemazione fosse italiano.

Da qui, lo stop a ogni discussione: «Non si può fare, in passato abbiamo avuto problemi con gli stranieri», ha detto il proprietario, per poi, dopo le rassicurazioni sul fatto che nessuno stava cercando di piazzargli dentro casa un vandalo ma «un ragazzo serio», l’affondo finale: «In casa abbiamo già studenti italiani, con le loro abitudini e il loro cibo». Turbare l’equilibrio domestico e le sane abitudini alimentari degli italianissimi (e, a loro discolpa, probabilmente inconsapevoli) inquilini dell’appartamento al centro di Perugia, con tutta evidenza, è sembrato troppo al locatario, al quale, in un ultimo, sarcastico, tentativo di fargli cambiare idea, Majd ha anche detto che «i palestinesi mica mangiano la sabbia». Niente da fare: sabbia o sassi, carbonara o falafel, l’amico di Majd dovrà cercare altrove un posto dove dormire.

«È a causa di episodi come questo che Perugia rischia di perdere la sua caratura di città aperta, universitaria e internazionale – dice Aleph Bonomi, vicecoordinatore dell’Udu di Perugia -. A ciò si aggiunge la particolare situazione di difficoltà di studentesse e studenti nel trovare abitazioni in città. Anche in questa situazione chi paga il prezzo più alto sono le categorie più deboli, a causa di comportamenti scorretti e inaccettabili dei proprietari».

Il problema degli affitti universitari, in effetti, non è nuovo né riguarda solo Perugia: canoni a prezzi altissimi, richieste assurde, spesso illegali e vicissitudini ai confini della realtà rendono l’accesso all’istruzione universitaria fuori sede un qualcosa di realizzabile solo per chi se lo può permettere. Per censo, fortuna o, come in questo caso perugino, passaporto. «Rinnoviamo la richiesta alle istituzioni locali e regionali di un tavolo di confronto: le istituzioni devono intervenire», conclude Bonomi, nella speranza che almeno questa volta l’appello non cada nel vuoto.