Lunedì scorso, a Chicago – dove viveva da molti anni – è morto dopo una breve malattia Sergio Finardi, amico e compagno instancabile di tante battaglie, giornalista d’inchiesta e ricercatore, fondatore di TransArms, collaboratore di Opal e autore di numerosi articoli e saggi dedicati in particolare al tema del trasporto di armamenti, di cui era diventato uno dei maggiori esperti mondiali.

Si era formato nel pieno delle lotte studentesche. Laureatosi a Milano con una tesi sulla socialdemocrazia nordeuropea, grazie a una borsa di studio presso la Stockholm Universitet studiò l’esperienza storico-politica del socialismo svedese, poi riassunta nel libro La trasformazione in Svezia (Editori Riuniti, 1982). Vicino alle posizioni operaiste, aderì al PCI e collaborò con il CESPI, il Centro per la Riforma dello Stato di Roma, e con le riviste «Rinascita» e «Laboratorio politico».

Negli anni ’80 iniziò ad interessarsi ai sistemi di trasporto delle merci, prima come consulente aziendale e giornalista, poi come ricercatore in Vietnam e negli Stati Uniti, dove si trasferì nel 1994. Autore di diversi saggi (Il sistema mondiale dei trasporti, Il Mulino, 1995; Stati di eccezione, F. Angeli, 2001; Le strade delle armi, Jaca Book, 2002; L’Impero dei miei stivali, Jaca Book, 2005), grazie a finanziamenti americani e dell’Unione europea è stato fondatore e instancabile animatore di TransArms, centro di ricerca indipendente sul trasporto degli armamenti e la logistica per la difesa, e quindi consulente delle Nazioni unite ed esperto di Amnesty International in numerosi rapporti, dal 2005 ad oggi.

A lui si devono in particolare le indagini che hanno rivelato il ruolo degli operatori logistici e il flusso degli armamenti nei conflitti del dopo-11 Settembre: verso il Congo orientale e il Rwanda (2005), il Darfur (2007), Israele e Gaza (2009), lo Yemen e la Somalia (2010), l’Irak, la Libia e la Siria, nonché la rete delle coperture che assecondò i «voli segreti» nelle extraordinary renditions (2006); indagini che spesso sono confluite in suoi importanti articoli su «il manifesto».
L’improvvisa e prematura scomparsa di Sergio Finardi impegna chi l’ha amato e apprezzato per l’energia e l’umanità con cui ha animato la ricerca in un campo tanto cruciale quanto opaco, a continuare, in nome della pace possibile, il suo prezioso lavoro scientifico con la sua stessa abnegazione e la sua ironica intelligenza.