Accuse, rivelazioni, spionaggio: è una vera e propria guerra fratricida quella esplosa ai vertici del Partito Popolare spagnolo. A scontrarsi il presidente nazionale del Pp Pablo Casado, che ha dalla sua l’apparato e la maggioranza dei parlamentari, e la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso.
La guerra è iniziata mesi fa, quando la direzione del partito ha avviato un’indagine interna per appurare se l’amministrazione regionale avesse assegnato in modo irregolare un contratto da 1,5 milioni di euro per l’acquisto di mascherine chirurgiche all’impresa di un conoscente del fratello di Ayuso. In cambio della sua intermediazione quest’ultimo avrebbe ricevuto 280 mila euro, una cifra così rilevante da lasciar pensare a un traffico d’influenze.

Il partito non ha coinvolto la magistratura e la vicenda è rimasta riservata fino a quando il quotidiano El Mundo ha scritto che il Pp, seppur indirettamente, avrebbe incaricato un’agenzia investigativa privata di indagare sulla famiglia Ayuso, circostanza poi smentita dal segretario generale del Pp, García Egea.
Ma ormai la bomba era scoppiata. La direzione del Pp ha confermato che i vertici avevano convocato Ayuso per chiedere spiegazioni. Secondo indiscrezioni, poi, la presidente sarebbe stata invitata a rinunciare alla guida dei popolari di Madrid.

«Se dovessi presiedere il governo della Spagna non permetterei a mio fratello di ricevere 300 mila euro di commissioni per un contratto assegnato direttamente dal mio Consiglio dei ministri» ha sentenziato Casado in un’intervista mentre Ayuso giura che i suoi atti sono «legali e trasparenti». «Non credevo che la direzione del mio partito potesse essere così crudele» ha dichiarato.
«Non mi intrometto in questioni interne ad altri partiti. Chiedo solo di chiarire quanto prima, con totale trasparenza e decisione» ha commentato il premier socialista Sànchez parlando di «spettacolo poco edificante», mentre Unidas Podemos e Mas Madrid hanno presentato una denuncia alla Procura anticorruzione di Madrid.

«Gli spagnoli non meritano questo spettacolo vergognoso. Sono impegnato a unire il partito» ha assicurato Casado, ma la frattura interna potrebbe costare molto cara alla formazione in un momento assai delicato. Le elezioni anticipate del 13 febbraio in Castiglia e León non sono andate come sperava il Pp, il cui leader locale si era dimesso pensando di raggiungere la maggioranza assoluta fagocitando Ciudadanos, ormai in caduta libera. Invece il Pp si è leggermente rafforzato, ma è rimasto a 10 seggi dalla maggioranza; per governare dovrà allearsi con l’estrema destra di Vox, passata da 1 a 13 seggi.

Le accuse di corruzione rivolte alla rampante leader madrilena, in un partito che ai tempi della gestione di Mariano Rajoy poggiava su un sistema di doppia contabilità (una regolare e una parallela), come rivelato dalle vicende Gürtel e Bàrcenas, sembrano rispondere più che altro alla necessità di Casado e del suo entourage di bloccare la possibile ascesa ai massimi livelli della 43enne Isabel Díaz Ayuso. Reduce da una schiacciante vittoria conseguita nel 2021 nella regione di Madrid con quasi il 45% e il raddoppio dei seggi, la spregiudicata ras locale ha il vento in poppa grazie alla sua gestione populista (all’insegna del «tutto aperto» durante la prima tragica ondata del Covid) della più importante comunità spagnola.

Nel tentativo di neutralizzarla, però, Casado potrebbe farsi molto male. Il rischio è che a capitalizzare lo sconcerto generato nell’elettorato più conservatore dalla guerra interna al Pp e dalle accuse di corruzione siano i neofranchisti di Santiago Abascal.