Accordo sul superbonus del 110% e accordo su un «aggiustamento di bilancio» – non scostamento – da 6,2 miliardi che sarà usato nel prossimo decreto per ridurre i costi dell’energia con una dote totale da 13 miliardi.

IERI POMERIGGIO L’AULA del Senato ha approvato il decreto Aiuti Bis che stanzia 17 miliardi a sostegno di famiglie e imprese per fronteggiare il caro-bollette. I voti a favore sono stati 182, gli astenuti 21 (Fratelli d’Italia) e nessun contrario. Ora il provvedimento, che deve essere convertito in legge entro l’8 ottobre, passa all’esame della Camera.
Ma se accordo tra tutti i partiti c’è stato, un intervento al vetriolo di Matteo Salvini rischia di minare già il prossimo governo di centrodestra: «Vergognatevi!», ha urlato dal suo scranno al Senato il leader della Lega chiedendo un decreto da 30 miliardi, per poi attaccare la più accreditata a guidare il prossimo esecutivo: «Magari la Meloni, essendo ancora all’opposizione, non vede l’emergenza ma qua rischiamo di vincere le elezioni, ma di ereditare un paese in ginocchio».

Il decreto legge comunque esce con diverse modifiche da Palazzo Madama, in primis la norma – fortemente richiesta dal M5s contento di «salvare 40mila imprese edili» – che circoscrive la responsabilità in solido per la cessione dei crediti «asseverati» di superbonus e bonus edilizi ai casi di dolo o colpa grave, mentre per i crediti antecedenti alle misure anti-frode si potrà ricorrere ad una asseverazione «ora per allora».

MA A FAR NOTIZIA è l’approvazione di un altro emendamento – riformulato da Forza Italia e votato in commissione da Pd, Fi ed Iv con astenuti Fdi, Lega ed M5s – che prevede una deroga al tetto degli stipendi di alcune figure di vertice della pubblica amministrazione e delle Forze dell’ordine. Per il Capo della polizia, il comandante generale dei Carabinieri, il comandante della Guardia di Finanza, e capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, capo di stato maggiore della difesa, capi di stato maggiore di forza armata, comandante del comando operativo di vertice interforze, comandante generale del corpo delle capitanerie di porto, i capi dipartimento dei ministeri e il segretario generale della presidenza del consiglio si potrà sforare l’attuale tetto fissato in 240mila euro annui tramite un «trattamento economico accessorio».

Per queste figure – potenzialmente circa una trentina – l’importo sarà determinato con decreto del Presidente del consiglio e su proposta del Ministro dell’economia, «nel limite massimo delle disponibilità del fondo» per le esigenze indifferibili istituito presso il Mef, che ha una dotazione annua di 25 milioni.
Il tetto di 240mila euro era stato introdotto dal governo Renzi. Ma su questa norma è subito filtrato il «disappunto» da Palazzo Chigi. Si tratta, viene sottolineato nella sede dell’esecutivo, di una «dinamica squisitamente parlamentare», frutto di una intesa tra i partiti.

IL VIA LIBERA DEL MEF però incrina il rapporto tra Mario Draghi e il suo figlioccio Daniele Franco, da lui voluto e sempre difeso alla guida del ministero dell’Economia come guardiano dei conti pubblici. Il Mef si difende sostenendo di aver dato solo un contributo tecnico sulle coperture: si tratta di un emendamento parlamentare, si spiega, per la cui attuazione comunque è necessario un provvedimento successivo, filtra da viale XX settembre. Che con palazzo Chigi e – solo ora – tutti i partiti promette di cancellare la norma nel prossimo provvedimento.
L’approvazione del decreto mette in salvo i 17 miliardi di euro previsti a inizio agosto dal governo Draghi per venire incontro a famiglie e imprese provate dal caro-energia. Per il resto le modifiche al decreto prevedono lo smart working fino alla fine dell’anno per lavoratori fragili e genitori di figli sotto i 14 anni, l’istitutizione del Copasir provvisorio tra una legislatura e l’altra.

OLTRE CHE IL RINNOVO nel terzo trimestre delle misure di contenimento delle bollette (azzeramento degli oneri di sistema, taglio dell’Iva sul gas, rafforzamento del bonus sociale, credito d’imposta per le aziende), il decreto contiene infatti anche il taglio contributivo di 1,2 punti sugli stipendi dei dipendenti; il doppio intervento sulle pensioni; l’estensione del bonus 200 euro ai lavoratori (soprattutto autonomi) non coperti dal primo dl Aiuti; il rafforzamento del bonus trasporti.

SALTATA INVECE LA STRETTA – a lungo promessa – sulle delocalizzazioni che doveva colpire immediatamente i finlandesi di Wartsila che hanno deciso di spostare a Helsinki la produzione di motori navali ora a Trieste.

Annunciata ai sindacati dai ministri Giorgetti e Orlando al tavolo di crisi, si era tradotta in un emendamento condiviso firmato dal senatore Pd Antonio Misiani. Il testo è stato depositato, ma non è rientrato nelle modifiche sottoposte al voto delle commissioni Bilancio. Durante la commissione, però il sottosegretario al Mef Federico Freni (Lega) ha assicurato che la norma verrà inserita nel prossimo decreto. Chissà se i circa 500 lavoratori Wartsila licenziati ci credono.