Il gruppo teatrale «bequadro» di Torino, con un occhio «polimorfo», sta per riproporre per ottobre la cronaca nuda e cruda degli eventi a salvaguardia della nostra sgangherata memoria. Per una rappresentazione attenta che cerca di guardare anche in faccia alcuni dei protagonisti e ne accompagna le diramazioni postinsurrezionali delle esistenze.

Come Pietro Ferrero, ad esempio, operaio, giovane ed entusiasta animatore intellettuale, anarchico, segretario della Fiom, promotore dei consigli operai e, alla salita al potere dei fascisti, legato alla caviglia ad un camion e trucidato insieme ad una dozzina di altri operai e militanti dagli squadristi di Piero Brandimarte in quella che è stata la strage di Torino del dicembre 1922.

Nel 1971 l’assassino Brandimarte avrà il piacere di vedere la sua salma ufficialmente onorata da un plotone di bersaglieri.

E Maria Giudice, prima segretaria di Camera del Lavoro in Italia, collaboratrice di Gramsci, processata per i fatti di agosto, poi in Sicilia per contrastare la politica della mafia.

A Catania dà alla luce una figlia, intelligente ed inquieta, che non avrà la gioia di vedere lo strepitoso successo internazionale del suo romanzo, L’arte della gioia. Goliarda Sapienza di nome.