Il coronavirus sembra aver accelerato ulteriormente il ritmo di contagio. Nel pomeriggio di lunedì, le vittime sono salite a 82 (tutte in Cina), con oltre 2858 persone infette negli ospedali più circa 6000 casi sospetti. Il reale numero di persone contagiate potrebbe però essere molto superiore.

Secondo le ultime stime dell’università di Northeastern di Boston, dove ogni nuova epidemia viene studiata in dettaglio per fornire previsioni tempestive sul potenziale impatto, il numero di persone infette potrebbe aggirarsi tra quindicimila e trentamila. Cifre confermate anche dall’università di Hong Kong per bocca di Gabriel Leung, preside della facoltà di medicina. Secondo Leung, il numero di casi si aggira intorno ai 25mila, addirittura a 44mila se si tiene conto dei casi in incubazione. La differenza tra casi effettivi e stime si spiega con il numero di persone infette asintomatiche o quasi, che dunque non si rivolgono ai medici. L’università di Hong Kong ha rivisto anche il tasso di trasmissibilità del virus, stimando che i casi raddoppino ogni sei giorni circa. Ma le misure draconiane prese in molte province cinesi probabilmente modificheranno la probabilità di trasmettere il virus da persona a persona.

NUMERI COSÌ GRANDI fanno dubitare dell’efficacia delle misure di contenimento basate sulla chiusura di intere città come già è successo alla città-epicentro dell’epidemia Wuhan. Secondo una dichiarazione del sindaco della città Zhou Xianwang, circa cinque milioni di persone hanno lasciato la città prima della quarantena a causa del virus o dell’imminente capodanno lunare. Impossibile tenere traccia delle destinazioni e dello stato di salute di una popolazione così grande, che rischia di allargare ulteriormente il contagio. È uno degli effetti collaterali delle misure drastiche prese dalle autorità cinesi, sulla cui utilità reale stanno emergendo dubbi crescenti. Ieri è arrivato a Pechino Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ufficialmente per supportare gli sforzi cinesi. Ma secondo diversi osservatori, la presenza dell’Oms serve a garantire trasparenza nella risposta all’epidemia, una delle condizioni poste dall’Oms in cambio della mancata dichiarazione di emergenza internazionale.

L’OMS HA ANCHE OTTENUTO dagli editori scientifici internazionali un impegno importante: ogni nuovo studio sul coronavirus verrà condiviso con gli esperti dell’Oms ancor prima della pubblicazione, per accelerare la circolazione di informazioni sanitarie utili per contenere il virus.

Sale il numero dei casi registrati all’estero, arrivato a 44. Negli Usa il casi di coronavirus ora sono cinque. Ce ne sono due anche in Canada e, da ieri, un caso sospetto in Costa D’Avorio. Anche in questo caso si tratta di una persona di ritorno da Wuhan. Il coinvolgimento africano nell’epidemia non sorprenderebbe, perché da molti anni la Cina ha stretto forti legami con molti paesi soprattutto nell’Africa subsahariana, con un’intensa circolazione di merci e di persone da e verso la Cina.