Un’etichetta discografica indipendente in cui si incontrano suoni ancestrali e sperimentazioni futuristiche, fondata da due argentini e uno statunitense e il cui nome è ispirato a quello di un filosofo sloveno. Rompere i confini – geografici, culturali, musicali che siano – è il marchio distintivo della Zzk Records, label di cumbia digital che quest’anno celebra quindici anni di attività con eventi in tutto il mondo e il lancio di una piattaforma online di divulgazione sulla nuova musica latinoamericana. Un piccolo miracolo discografico nato dalla passione di tre amici che sono riusciti a rivitalizzare lo spirito globale della cumbia, uno dei generi più meticci al mondo.
Questa storia inizia a Buenos Aires nel 2006, un’epoca in cui la capitale argentina era ben lontana dall’essere la città frizzantina e culturalmente instancabile che conosciamo oggi. La scena notturna, in particolare, stava vivendo il suo periodo più difficile: solo due anni prima, un incendio aveva devastato la discoteca Cromañon durante un concerto, causando 194 morti e circa 1500 feriti. La tragedia ebbe conseguenze politiche, e vincoli governativi e controlli di sicurezza più severi silenziarono le notti della città per anni. È in questo contesto che due dj argentini – Diego Bulacio e Guillermo Canale, conosciuti rispettivamente come Villa Diamante e Nim – e un giramondo statunitense, Grant Dull, decisero di attivarsi, organizzando party notturni per risvegliare l’entusiasmo di una scena alternativa mai così sopita. L’idea del trio era organizzare una festa diversa da tutto quello che offriva la città. Gli ingredienti erano semplici: niente musica commerciale né facili imitazioni dei club europei o statunitensi, ma un gruppo di giovani dj liberi di sperimentare con le infinite possibilità offerte dai ritmi latinoamericani. La cumbia – genere popolare di origine precoloniale che unisce melodie indigene a ritmi africani – si mischiava così alla bass music, i generi folkloristici argentini – come il cuarteto e la zamba – al dub e alla dancehall e i ritmi primitivi andini a quelli sintetici della techno. Le serate si chiamavano Zizek Urban Beat Club: ispirandosi ironicamente al filosofo Slavoj Zizek, le cui opere uniscono citazioni marxiste e di psicanalisi lacaniana ad accenni cinematografici e di cultura pop, le interminabili notti di Buenos Aires rappresentavano un mash up postmoderno tra sacro e profano, musica popolare e ritmi digitali.

I PARTY
La voce si sparse in fretta. Gli appuntamenti al Club Niceto, la discoteca nel quartiere Palermo che ospitava i party, oltre a un pubblico sempre più numeroso e appassionato, attirarono l’interesse degli addetti ai lavori, e da tutto il continente e da oltreoceano giungevano i migliori esponenti dell’elettronica d’avanguardia. Spontaneamente si creò un laboratorio di scambio e collaborazione tra musicisti nel segno di una nuova generazione: gli artisti che gravitavano attorno a questa factory erano perlopiù giovani, senza etichette alle spalle, a cui veniva dato spazio per provare davanti a un pubblico reale ciò che producevano in casa propria, con un semplice laptop e utilizzando tracce scaricate illegalmente da internet. In un’epoca pre Spotify, la cumbia digital – il primo vero prodotto originale delle feste – veniva diffusa soltanto attraverso cd artigianali venduti nei banchetti di autofinanziamento.
Dopo due anni di successi, i tempi erano maturi per portare l’energia delle feste oltre i confini di Buenos Aires. Nel 2008 Bulacio, Canale e Dull lanciarono la Zzk Records, l’etichetta della nuova cumbia: una piattaforma fondamentale per appoggiare gli artisti e il mezzo migliore per partire alla conquista del mondo. Il debutto targato Zzk fu una compilation, Zzk Sounds Vol.1, di «suoni freschi e innovativi, in cui i generi si incrociano e scontrano facendo ballare chiunque». Il primo artista della tracklist, Chancha Vía Circuito, è il profilo ideale per sintetizzare l’anima e la poetica della label: dj e producer argentino, la sua arte è un viaggio nella cultura ritmica del suo paese, in cui i suoni di strumenti antichi come il charango, piccola chitarra con cinque corde doppie, o il siku, il flauto di bambù andino, si fondono a elementi house e downtempo. Le tracce includono spesso suoni della natura registrati in presa diretta, come i versi delle rane notturne che si possono sentire nel brano Coroico, ispirato all’omonima città boliviana. La sua popolarità è schizzata quando il suo remix di Quimey neuquén – brano del cantautore José Larralde, del 1967 – è entrato nella colonna sonora di Breaking Bad, tra le serie tv più viste degli ultimi anni. Chancha Vía Circuito, oggi, è ospite fisso nei maggiori festival di musica elettronica, a chiusura di un cerchio che unisce gli incontaminati paesaggi andini ai dancefloor più caotici del mondo. Un altro esempio di artista cresciuto nell’etichetta e diventato grande è Nicola Cruz, ecuadoriano di Quito: le sue sperimentazioni, da lui stesso definite «Andes-step», sono catalogabili come minimal e techno, ma ispirate a una dimensione spirituale e alla cosmologia precolombiana, utilizzando suoni analogici e strumentazioni fedeli alla tradizione.

RITORNO ALLE ORIGINI
Sempre a proposito di tradizioni, le collaborazioni dell’etichetta con Luzmila Carpio e gli Humazapas sono tra le più interessanti. La prima è una cantante boliviana di origine Quechua classe 1949, le cui canzoni sono caratterizzate da testi che parlano della vita nelle comunità indigene e dal suo tono di voce, che raggiunge picchi così alti da ricordare il canto degli uccelli. Zzk Meets Luzmila è un album in cui i dj della label remixano i suoi brani, creando una suggestiva commistione tra passato e futuro. Humazapas, invece, è un collettivo ecuadoriano di dodici elementi tra musicisti e danzatori nativi di una comunità Kichwa. La loro musica è un ritorno alle origini: l’album Sara Mama, uscito lo scorso giugno, mescola suoni nativi e linguaggi contemporanei, cantando gli usi e i costumi indigeni e rivolgendosi alle generazioni future, a protezione di una cultura unica e da conservare. L’esperienza d’ascolto, indimenticabile, è arricchita dai videoclip dei brani: un vero e proprio progetto documentaristico a testimonianza della continuità tra forme d’arte ancestrali e moderne.
Tra gli ultimi arrivati nella scuderia spicca Montoya, colombiano da anni residente in Italia, che ha una formazione classica da violinista e basa la sua arte sul concetto di diaspora musicale: come uno chef, ama combinare diversi ingredienti – folk, cumbia, salsa ed elettronica – portando a un livello superiore i suoni tipici del suo paese nativo. I Son Rompe Pera dal Messico, invece, sono una band in cui il folklore e il suono della marimba, caratteristico xilofono tipico del Chiapas, vengono portati all’estremo, avvicinandosi al rock alternativo: non a caso, il loro motto è «la cumbia è il nuovo punk».
Ed è proprio sull’interazione tra linguaggi diversi che la Zzk vuole continuare a costruire il proprio futuro. Per festeggiare i 15 anni dalla fondazione, l’etichetta ha inaugurato la pagina web LatAmTronica (www.latamtronica.com): un sito interattivo in cui scoprire la cultura della musica elettronica latinoamericana, «una storia che è sempre esistita ma non è mai stata rivendicata». Una mostra virtuale con interviste, video e contributi audio, per far conoscere al mondo una realtà che ha radici antiche, un presente esaltante e un futuro luminoso.

FUORI I DISCHI
King Coya Cumbias de Villa Donde (2009)
Chancha Vía Circuito Rio Arriba (2010)
La Yegros Viene de mi (2013)
Luzmila Carpio Luzmila Carpio Meets ZZK (2015)
Nicola Cruz Prender el alma (2015)
Son Rompe Pera Batuco (2020)
Montoya El nido (2023)
Humazapas Sara Mama (2023)
Jackie Mendoza Galaxia de emociones (2023)
Karen y Los Remedios Silencio (2023)