«La strada è molto più stretta di quanto si immagini, perché non possiamo in prospettiva accettare di tutto». Mentre la Camera dibatte sulla fiducia a Conte, Nicola Zingaretti riunisce i suoi senatoria palazzo Madama, in vista del voto di oggi.

Il segretario non nasconde le sue preoccupazioni non tanto sulla conta in Senato, ma sulle prospettive per il dopo, e cioè la navigazione di un governo privo della maggioranza assoluta in un ramo del parlamento. «Credo che la situazione sia grave perché, negli ultimi tre mesi, ha prevalso la difficoltà di tutti di ascoltare le ragioni degli altri e la volontà di fare insieme un salto in avanti».

Non si riferisce solo a Renzi, con cui il Pd ritiene a larga maggioranza di non poter riaprire il dialogo. Ma anche a Conte, ai tanti dossier che sono rimasti incagliati, alla tante richieste del Pd rimaste inevase. «Non sempre Conte ha condiviso l’esigenza di affrontare i nodi politici sul tappeto, soprattutto sulle riforme istituzionali», ha detto Zingaretti ai senatori.

Le frasi del premier sulla legge proporzionale e sul pacchetto di riforme costituzionali vengono accolte con soddisfazione, e del resto lo stop a queste riforme dopo il sofferto sì del Pd al referendum sul taglio dei parlamentari è stato uno dei motivi di scontro più duri tra il Nazareno e palazzo Chigi.

Dem soddisfatti anche per la virata di Conte verso Joe Biden. Ma ora non si tratta solo di passare all’incasso sui tanti dossier bloccati, la preoccupazione di Zingaretti riguarda i rischi di tenuta di un governo che comunque uscirà ulteriormente indebolito da questo passaggio. L’obiettivo primario dei dem è «costruire tutte le condizioni perché la legislatura arrivi al termine con una maggioranza e un programma condiviso» e con quel «passo in avanti» sul programma e sulla squadra che il Pd continua a chiedere.

Ma questo non è un risultato scontato. «La situazione è molto difficile e complessa, anche per quanto riguarda gli equilibri parlamentari», avverte Zingaretti, convinto che la conta in Parlamento sia un «passaggio di chiarezza indispensabile» che permette «non un generico giudizio sulla politica, ma anche chi nella politica compie delle scelte e chi ne compie altre». Un passaggio che consente agli italiani di capire questa crisi «lontano mille miglia dalle condizioni di vita normali delle persone».

Il rischio di una «crisi al buio» resta alto, come quello di rotolare verso le elezioni: «Continuo a credere che la chiusura della legislatura sarebbe un fatto sbagliato e drammatico per il paese, un elemento avventuristico», spiega. Ma nona tutti i costi, non per galleggiare: «Noi siamo garanti di una situazione che abbia l’autorevolezza e la forza di condurre il Paese a fine legislatura».

A ora di cena il risultato del voto alla Camera, 321 sì, 5 voti in più della maggioranza assoluta, porta il sorriso al Nazareno: «Ottimo!, Un fatto politico molto importante», twitta Zingaretti. «Ora avanti per il bene dell’Italia». Il risultato rafforza la fiducia nella possibilità che da domani si possa iniziare a ricostruire dopo aver seguito «un percorso corretto da un punto di vista istituzionale e forte politicamente». «Anche questa volta prevarrà il bene comune del nostro Paese», dice il leader Pd.

Dita incrociate per il voto di oggi, «la strada non può che essere quella di ottenere una fiducia con il massimo del consenso al governo», e poi «si vede». Si verifica cioè se ci sono le con dizioni per realizzare quel «patto di legislatura» citato da Conte, che il Pd chiede da mesi invano. Il premier, ha detto il leader dem, «ha preso su di sé l’esigenza di una stagione di rilancio dell’azione di governo che però avviene con numeri molto angusti».

La linea del Pd, se oggi il governo passerà la prova in Senato, è quella di verificare se Conte riuscirà a costruire un gruppo di «volenterosi» vero e tangibile a sostegno dell’esecutivo. Un gruppo che consenta di affrontare i prossimi due anni senza tirare a campare, con una squadra e un programma rinnovati. «Lei non è qui per sopravvivere ma per dare un orizzonte di forza e dignità al governo, serve una nuova alleanza su basi solide», ha detto alla camera il capogruppo Delrio rivolto a Conte. Altrimenti, è il ragionamento ai piani alti del Pd, «si voterà a giugno».