Che sia una storia vera, che sia l’ennesimo tentativo di provocare un polverone, dal Nazareno viene innalzato subito un muro su quello che con una battuta amarissima viene definito «il governo amuchina», nato per gestire un paese piegato dall’epidemia e dalla contraddittoria gestione dell’esecutivo rossogiallo. È l’ultima pazza idea di Matteo Renzi, far disegnare ai retroscena di stampa un governo di unità nazionale al posto del governo di Giuseppe Conte. Salvini, raccoglie e rilancia. Il vicesegretario Pd Orlando lo boccia senza appello: «Non se ne parla. Ci mancherebbe pure. Con la Lega nessuna alleanza di governo». Gli fa eco Goffredo Bettini: la solidarietà di tutte le forze politiche è «doverosa» ma «non si utilizzi cinicamente il dramma di tante famiglie per manovre politiche tese a coprire le difficoltà di alcuni partiti e leader».

LE «DIFFICOLTÀ» SONO QUELLE, parallele, dei leader di Iv e Lega. Nel momento nero per il paese invece il Pd recupera. È Marco Miccoli, uomo fidato di Zingaretti, a ‘rivelare’ che i numeri della «supermedia» delle rilevazioni del 26 febbraio fotografano la Lega al 28,8 per cento in calo (-1,3), Pd al 22 in crescita (+1,1), M5S al 15,7, Fdi al 12,8, Fi al 5 , la Sinistra – qualsiasi cosa voglia dire la sigla – al 2,5. E Italia Viva al 2,8, in calo. «Stiamo arrivando», chiosa Miccoli, «Salvini e la destra possono essere sconfitti».
QUESTI NUMERI sarebbero la ragione del nervosismo di Renzi. Nel pomeriggio, dopo l’incontro fra Mattarella e Salvini, le quotazioni del governissimo crollano. E Iv fa retromarcia: «Per favore, siamo seri. Basta retroscena, gossip, chiacchiericcio», twitta Renzi, «Quando l’emergenza sarà rientrata parleremo del futuro del governo».

IN SERATA ZINGARETTI, volato nella capitale lombarda per l’aperitivo «Milanononsiferma» dei giovani dem, chiude la questione: «C’è un governo e nessuno ha annunciato una crisi», dice. E all’indirizzo di Renzi, senza norminarlo: «Non bisogna fare i furbi; gli italiani hanno bisogno di una classe dirigente seria che non utilizza il problema del Coronavirus per furbizie o sgambetti». Tutto archiviato. Per ora.

OGGI GLI TUTTI ELETTI ROMANI del Pd sono precettati nella capitale per la chiusura della campagna delle suppletive. Per il candidato, il ministro Gualtieri, il successo è quasi scontato.

MA I PROBLEMI RESTANO. Per tutti. Resta un paese a rischio recessione. Per Iv resta il fatto che, se non cambia l’accordo sulla legge elettorale, lo sbarramento del 5 per cento è una vetta lontana. Per il Pd resta il problema di un governo debole, e per di più logorato dagli errori compiuti nel picco dell’epidemia.

PER QUESTO AL NAZARENO è diffusa la consapevolezza che se le regionali dovessero andare male – probabile la data del 17 maggio – il governo non riuscirebbe a restare in piedi. Così Zingaretti da una parte sparge fiducia: «Il governo varerà le prime misure in campo economico entro la settimana», «Vogliamo stare lontani dalle polemiche e vicine alle persone. L’Italia ce la farà».

DALL’ALTRA LAVORA alla prossima tappa elettorale. Cercando di sbrogliare le tante matasse. Ieri Orlando ha incontrato il reggente 5s Vito Crimi per un condronto sui dossier Campania e Liguria. Nella prima regione l’accordo è in alto mare. Nella seconda per i grillini c’è l’ipotesi di un voto su Rousseau. In salita la corsa di Emiliano in Puglia e in Veneto di Lorenzoni (che ha il sì di tutto il centrosinistra, tranne Iv). Nelle Marche il candidato ancora non c’è e solo ieri l’intemperante Ceriscioli ha accettato di farsi da parte. La Toscana è l’unica regione a portata di vittoria. Ma anche lì non va tutto liscio: il Pd è in pressing sul candidato Giani per convincerlo a varare una lista del presidente. Per asciugare i consensi nell’unico posto in cui Renzi può fare il pieno di voti.