Allora era vero. Per scherzo la scissione di Renzi dal Pd era stata paragonata a quella, contemporanea, del cantante dei The giornalisti dal suo gruppo. Adesso si scopre che anche la frattura politica ha avuto la sua ufficializzazione sui social, come quella musicale. Se Tommaso Paradiso ha usato Instagram, Matteo Renzi ha preferito whatsapp. «Se mi ha avvisato? – ha risposto ieri Nicola Zingaretti a Maria Latella su SkyTg24 – ovviamente no, l’avrei detto subito. Io ho ricevuto un whatsapp quando la decisione era già presa».

Ma non si è offeso, il segretario del Pd. Nemmeno del fatto che parimenti la ministra Bellanova e il sottosegretario Scalfarotto non lo hanno cercato al telefono. «Non ne faccio un problema personale, non pretendevo una telefonata, il problema è spiegare alle persone perché il giorno dopo il giuramento del governo si è provocata una rottura così a freddo che credo abbia dato fastidio a tutti, addirittura a chi non è iscritto al Pd». L’altra ministra renziana, Elena Bonetti, non citata, ieri ha fatto comunque sapere di aver cercato invano il segretario del Pd.

Segretario che prova a difendersi dall’opa ostile di Renzi su quello che resta del gruppo parlamentare Pd. Renzi e Salvini «sono due persone che hanno idee diverse e a tutti e due conviene litigare per avere la ribalta. Ma la grande forza dell’alternativa si chiama e si chiamerà Pd, l’unica grande forza nazionale che intercetta la voglia di cambiamento. È il Pd la garanzia che le destre italiane rimarranno all’opposizione, perché non si sconfigge quella proposta politica con le cerbottane o con le battute giornalistiche». Zingaretti dice di «non salutare con favore» la scissione di Renzi, anzi «mi dispiace» e la reputa «un gravissimo errore. Dividersi è sempre un errore». E se Renzi ha detto che non c’è spazio per lui nel Pd, Zingaretti replica con nettezza. «Diffido, soprattutto nei momenti delicati per l’Italia, dei partiti personali – aggiunge -. Non hanno mai funzionato. Anche nel campo del centrosinistra ci sono state esperienze che rispetto ma che sono durate pochissimo perché non si può legare il destino di un movimento politico al destino di una persona. Io non sarò l’ultimo segretario del Pd. Se vogliamo sconfiggere la deriva di destra, noi dobbiamo costruire su valori nuovi una prospettiva politica».

Poi il segretario si dedica ai nuovi alleati, i 5 Stelle con i quali faticosamente si sta provando a fare un accordo per le elezioni regionali in Umbria. Accordo da estendere alle restanti otto regioni dove si andrà a votare entro la prossima primavera? «Non c’è nessun automatismo. Ogni regione dovrà decidere sulla base delle proprie leadership, dei propri programmi e dei propri contenuti. Una cosa molto positiva è la vocazione unitaria a provarci, a vedere le condizioni per rafforzare un’idea di futuro e di paese fondato, non sull’odio, ma su lavoro, sviluppo, crescita e benessere».

In ogni caso il segretario, che pure fino a qualche settimana fa escludeva ogni possibile intesa con i grillini – come Renzi e quasi tutto il resto del Pd, del resto – considera altamente positivo questo percorso comune con il Movimento 5 Stelle. Vuole provarci fino in fondo. «Se pensiamo al governo di prima – dice ancora Zingaretti – in nessuna regione e comune si era neanche teorizzato che si potesse andare insieme Pd e Movimento 5 Stelle. È un fatto positivo che, rispettando le autonomie regionali, si sta provando, iniziando ora dall’Umbria poi vedremo, a verificare le condizioni per governare e dare una risposta insieme ai cittadini. Poi si vedrà».
Ma Zingaretti non può nascondersi le difficoltà, venute alle luce già in questi primi giorni, dopo il voto della camera dove i franchi tiratori Pd hanno contribuito a negare l’autorizzazione agli arresti di un deputato di Forza Italia. O le tensioni sul taglio dei parlamentari, con Di Maio che anche ieri ha calato il suo quotidiano ultimatium agli alleati. «Una cosa che non dovremo fare – dice il segretario del Pd – è contemplare le differenze, come accaduto con la Lega e i 5 Stelle. Le differenze ci sono, siamo due forze alternative che in parte esprimono una cultura diversa, ma non possiamo vivere guardando solo agli interessi dei partiti che fanno parte del governo».