Un secolo fa, nell’aprile del 1922, la città di Praga è testimone di un «evento» apparentemente secondario e marginale che possiede però, ancora oggi, un fortissimo valore simbolico. Alexander von Zemlinsky, compositore viennese di ascendenza espressionista, direttore della Volksoper e cognato di Schönberg, fonda la sezione ceca della Verein für muiskalische Privataufführungen, la «Associazione per le esecuzioni musicali private» che l’illustre parente aveva creato a Vienna nel 1918. La breve vita dell’associazione «madre» era tramontata pochi mesi prima, nel dicembre del 1921, a causa della spaventosa crisi economica che aveva investito la giovane repubblica austriaca: inflazione, disoccupazione, acutissimi conflitti sociali. Ma Schönberg e Zemlinsky non accettano che l’esperienza della VFMP – una ventata di rigore, di passione, di novità che aveva sconvolto la comunità musicale viennese – termini così bruscamente e per cause del tutto «esogene». E decidono allora di trasferire a Praga – dove Zemlinsky dirigeva il Nuovo Teatro Tedesco – il patrimonio di pratiche, di conoscenze, di valori acquisito in patria e di creare dunque un’associazione «figlia». Zemlinsky riserva a se stesso la presidenza operativa, Schönberg assume quella onoraria, ma il gesto più significativo è quello di affidare il ruolo di «responsabili delle esecuzioni» a due musicisti boemi, già affermati a Praga, ma ancora poco noti in Europa: Henrich Jalowetz, allora quarantenne, musicologo e direttore d’orchestra, allievo di Guido Adler e membro attivo dello Schönberg Kreis, e soprattutto Viktor Ullmann, allora appena ventiquattrenne, anch’egli vicino al Circolo viennese, assistente di Zemlinsky, la cui esistenza sarebbe terminata brutalmente nel 1944 – dopo una lunga detenzione a Terezin – nelle camere a gas di Birkenau. La creazione della nuova «Società» ha un successo del tutto imprevisto: la notizia si diffonde rapidamente nella comunità musicale praghese e nel giro di poche settimane più di quattrocento musicisti chiedono di iscriversi, attirati dalla fama dei fondatori e dalla opportunità di estendere la pratica del musizieren, del «fare musica insieme», oltre il perimetro ristretto delle dimore borghesi. Come afferma Walter Szmolyan, in uno studio prezioso non ancora pubblicato in Italia, i membri della nuova associazione sono impiegati statali, scrittori, medici, avvocati, docenti universitari, insegnanti di liceo, uomini d’affari, pittori, attori e naturalmente studenti e musicisti di ogni età e di ogni livello di preparazione. Nonostante la «composizione sociale» della società praghese sia assai diversa da quella viennese (i cui membri sono tutti, indistintamente, musicisti di professione) i principi fondanti della VFMP rimangono ostinatamente inalterati.

Le regole pretese da Schönberg nel 1918 sono note: all’associazione possono partecipare solo i musicisti – come si legge nello statuto di fondazione – «sinceramente interessati al progresso e alla diffusione dell’arte musicale». Un’opera può essere eseguita solo quando il vortragmeister (il direttore della esecuzione) stabilisce che sia stato effettuato un sufficiente numero di prove. La data del concerto viene comunicata il giorno precedente e il programma solo la sera stessa della esecuzione. Gli interpreti sono scelti tra i migliori giovani musicisti della città. Ogni pezzo viene presentato in modo semplice e chiaro dal compositore o da uno degli esecutori, vengono ammessi solo brani composti «dal tempo di Mahler ad oggi». Non sono consentiti applausi ed è vietato l’ingresso ai critici. A giudizio del vortragmeister un brano può essere eseguito anche due o più volte nell’arco del concerto. Questo radicale, rigoroso, intransigente complesso di regole viene applicato anche all’esperienza della Società praghese che rimane in vita solo fino al 1924. Ma contiene ancora oggi, se declinata al tempo presente, un insegnamento, una visione, un’idea di musica, che non hanno perso nulla della loro perdurante urgenza.