Nel suo secondo collegamento con l’Italia in meno di 36 ore, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si sposta dal cinema e si offre di mitigare i problemi energetici del Belpaese. «L’Ucraina è pronta ad aumentare l’export di elettricità verso l’Europa», annuncia aprendo i lavori a Villa D’Este di Cernobbio, ascoltato in videostreming dal gotha dell’economia e della finanza. Il Forum Ambrosetti non si fa scappare un inizio col botto. Ma quello che interessa a Zelensky, condizione per fornire maggiore elettricità all’Europa, è che l’impianto nucleare di Zaporizhzhia, attualmente sotto il controllo di Mosca, «rimanga connesso alla rete ucraina» in quanto «la presenza russa nell’impianto ci impedisce di contribuire alla situazione dell’energia in Europa». Le esportazioni di energia da parte dell’Ucraina potrebbero invece «ridurre la pressione di Mosca sull’Europa e sull’Italia», evidenzia Zelensky, spiegando che Kiev potrebbe contribuire a soddisfare «almeno l’8% dei consumi di elettricità dell’Italia», non una gran percentuale ma sempre meglio di niente, specie con questi chiari di luna.

Zelensky ha poi chiuso il suo intervento con una bella spruzzata di ecologismo: «L’Ucraina può diventare un green hub per l’Europa e sostituire le energie sporche della Russia», in quanto ha «un grande potenziale per sviluppare le energie rinnovabili e l’idrogeno verde».

Zelensky non era l’unico capo di stato a Cernobbio. Presente – e di persona – anche il presidente azero Ilham Alijev che dopo aver incontrato ieri Mattarella e Draghi ha fatto la sua trionfale comparsata fra industriali e finanziari sul lago di Como. Anche l’Azerbaigian è pronto a portare più gas nel Vecchio Continente: «Ne stiamo già esportando di più», ha detto Alijev, evidenziando però che per incrementarlo ancora bisogna «espandere la capacità del Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi». Anche l’Ue «è d’accordo, entro il 2027, ad aumentare l’importazione del gas azero. E a quel punto rinegoziare i contratti». Le negoziazioni sono già partite, precisa Alijev, e «l’Italia è il nostro più importante partner». Tutto in discesa? Non proprio: «Noi abbiamo solo una quota del 20% del Tap, quindi anche gli altri azionisti devono essere d’accordo e devono farlo presto», ha ammesso.

Per il resto la prima delle tre giornate del tradizionale Forum settembrino si è distinta per i tanti interventi dei manager delle aziende energetiche. Nessuno di loro si è potuto chiamare fuori dalla chiamata in correo per gli extraprofitti. Oramai anche le pietre hanno capito che qualunque azienda che produce o vende energia sta facendo soldi a palate sfruttando da una parte la speculazione e dall’altra l’incredibile norma che lega il prezzo dell’energia a quello del gas nonostante in Italia solo il 40% dell’energia elettrica prodotta derivi dal gas stesso.

E così tutti manager presenti hanno dovuto ammettere che essere tassati è quanto meno «corretto». «I dati per come li abbiamo letti erano abbastanza chiari», concilia Renato Mazzoncini, manager vicino a Renzi finito ora a guidare la multiutility A2a. «La mia società ha pagato il suo acconto del 40% regolarmente e non ha presentato ricorso», ha ricordato orgoglioso.

Ottimista sull’inverno anche l’ad di Enel Francesco Starace: «Il livello degli stoccaggi del gas ci consentiranno di avere un inverno tranquillo anche se sono stati raggiunti pagando dei prezzi esorbitanti», ha evidenziato. «Il rischio principale – ha aggiunto Starace – in questo momento è che il percorso della transizione energetica verso la sostenibilità può subire dei contraccolpi. Invece le ragioni della transizioni devono essere rilanciate proprio dalla crisi che stiamo vivendo».

Un ottimismo poco condiviso dai manager presenti. In un sondaggio autoprodotto dal Forum Ambrosetti l’aumento dei costi dell’energia pesa sul 76,3% delle aziende presenti a Cernobbio. Per il 17% l’impatto sarà molto grave, il 20,3% sarà grave e il 39% rilevante. Solamente per l’1,7% sarà nullo. È la percentuale di aziende energetiche o che si vergognano dei propri profitti.