Con Yona Friedman (Budapest, 1923 – Parigi, 2020) scompare l’ultimo degli utopisti, ma concretissimi, contemporanei, come lo furono Paolo Soleri, Kisho Kurokawa, e Cedric Price. Ebreo sopravvissuto fuggendo dai nazisti rifugiandosi ad Haifa, nel 1957 si trasferì a Parigi, la città che ha eletto a centro delle sue molte attività culturali. Perché Friedman non è stato solo un architetto nel suo significato tradizionale di progettista, ma un infaticabile animatore culturale. Già con il suo Manifeste de l’architecture mobile al C.I.A.M. di Dubrovinik (1956) è stato l’antesignano di un’architettura che superava il funzionalismo dell’alloggio, eredità del Razionalismo degli anni Venti e...