Ci sono sempre in tutte le più grandi imprese artistiche o avventure dell’intelletto umano una o più figure che, sebbene fondamentali, se ne stanno nell’ombra e sono spesso dimenticate rispetto ai personaggi più centrali o quelli che sono più facilmente riconoscibili dal grande pubblico. Yasuo Otsuka è stato, per l’animazione, una di queste figure, è frase fatta, ma ripercorrere la carriera dell’animatore scomparso lo scorso 15 marzo, significa ripercorrere la storia dell’animazione nipponica degli ultimi sessant’anni. Nato nel 1931 nella prefettura di Shimane, Otsuka entra nello studio di animazione Nichido a soli 25 anni, lo studio di lì a poco sarebbe diventato Toei, uno dei nomi più importanti nella storia del disegno animato dell’arcipelago.
Allo sviluppo della Toei Animation Otsuka contribuisce molto sia con il suo talento che con la sua concezione dell’animazione, nel 1958 esce Hakujaden (La leggenda del serpente bianco), primo lungometraggio dello studio, in cui Otsuka è il secondo key animator. Le scene sott’acqua e quelle della tempesta, quelle più dinamiche e dotate di «vita», sono proprio sue ed inaugurano un fare animazione fluido e cinetico che sarà uno dei suoi marchi di fabbrica.

IL BIENNIO 1963-64 è un periodo molto importante per l’animazione televisiva, viene trasmesso in tv infatti Astro Boy di Osamu Tezuka, serie che grazie alla sua animazione «ridotta», rivoluzionerà ed influenzerà il modo di fare animazione per la televisione. Ad Astro Boy risponde la Toei con Okami Shonen Ken, serie per cui Otsuka fu il direttore delle animazioni e che, in contrasto con il lavoro di Tezuka che usava circa 1000 disegni per puntata, produceva dai 4 ai 5 mile disegni ad episodio. Ma questa serie televisiva è anche l’occasione che fa incontrare Otsuka con Takahata Isao, direttore dell’anime, e l’animatore Hayao Miyazaki, un sodalizio che finirà per cambiare i destini dell’animazione giapponese. Nel 1968 Takahata, MIyazaki e Otsuka lavorano insieme, il primo regista, il secondo come intercalatore ed il terzo come direttore dell’animazione, ad uno dei capolavori dell’arte animata nipponica, Taiyo no oji – Horusu no daibouken (La grande avventura del piccolo principe Valiant). Vero e proprio spartiacque per il genere, il lungometraggio fu un fallimento al botteghino, ma basta vedere i primi minuti del lavoro quando il ragazzo protagonista è braccato da un gruppo di lupi, per accorgersi che si è davanti a qualcosa di diverso da quanto fatto prima di allora.
Punti di vista e dinamismo della scena, con gli animali, il gigante uscito dalla terra, Hols e la sua ascia che lancia di continuo che si incrociano alla perfezione, sono una vera e propria danza animata che lascia a bocca aperta ancora oggi.

SUL FINIRE DEGLI ANNI SESSANTA Otsuka si trasferisce alla A Production dove contribuisce a realizzare alcune serie come Moomin e Kyojin no Hoshi (Tommy la stella dei Giants) ma soprattutto all’adattamento del manga di Monkey Punch, Lupin III, quello con la giacca verde per intenderci. Da qui in poi Otsuka continuerà a collaborare con i due, per Conan il ragazzo del futuro, Lupin III – Il castello di Cagliostro e Il fiuto di Sherlock Holmes. Dalla metà degli anni ottanta in poi la passione per l’insegnamento occuperà una grande fetta del suo tempo lavorativo, una qualità che del resto possedeva in modo innato e che quasi quasi naturalmente usava con i suoi collaboratori, giovani o meno, un talento per la trasmissione dei segreti dell’arte animata rara in personaggi del genere.

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