A Mosca si discute, a Yarmouk si muore. Nel giorno in cui si apriva il nuovo round di negoziati promosso dalla Russia, tra Damasco e una sparuta delegazione di opposizioni moderate, nel campo profughi palestinese a sud della capitale la situazione arrivava «oltre il disumano». Così Chris Gunness, capo dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, descriveva ieri il più grande campo profughi del Medio Oriente. Dall’assalto mosso dallo Stato Islamico la scorsa settimana è ulteriormente peggiorata la vita dei 18mila palestinesi residenti a Yarmouk, il 10% della popolazione prima dello scoppio della guerra civile siriana. Perché già da allora...