Il mio lavoro consiste nel mentire ai turisti sul loro futuro, così che donino denaro al tempio o comprino oggetti benedetti per pregare per le loro famiglie o per un futuro migliore›, mi ha detto in un’intervista il signor Wang, un ‹sacerdote› nell’Area Culturale Panoramica di Louguangtai. Il Tempio di Louguangtai è conosciuto come il luogo di nascita del Taoismo, una delle religioni più diffuse in Cina. Laozi, il fondatore di questo credo, scrisse il Libro della Moralità (la ‹Bibbia taoista›) nel tempio di Louguantai, che ora è considerato un luogo sacro.

Il tempio è situato in cima a una montagna, ma la strada per il tempio e l’area circostante, nel raggio di un chilometro e mezzo, sono state trasformate nella cosiddetta ‹Area Culturale Panoramica› da un’azienda di promozione e sviluppo turistico. All’interno di questa area culturale panoramica sono stati costruiti oltre 50 edifici religiosi o ‹templi›. I turisti pagano un biglietto d’ingresso che garantisce loro l’accesso all’area panoramica e al tempio, ma non ci sono cartelli che indichino che solo il tempio in cima alla montagna è il sito autentico.

Negli edifici simili a templi di recente costruzione sono stati assunti dei ‹sacerdoti› per soddisfare l’industria turistica. Sono vestiti come sacerdoti o monaci e lavorano in questi ‹templi› con gigantesche statue di dio o di Buddha. Le stanze decorate confondono i turisti, che credono di entrare in un edificio religioso. I falsi sacerdoti e monaci li approcciano per predire il loro futuro o per fargli esprimere dei desideri. Molto spesso li spingono a fare ampie donazioni in denaro affinché i loro desideri si avverino, sotto la minaccia di sventure future. Il ‹sacerdote› che ho intervistato, il signor Wang, era ateo e non praticava alcuna religione.

Mi ha detto che aveva dovuto frequentare due corsi di formazione per prepararsi al lavoro. Nel primo aveva imparato le terminologie del Taoismo e alcune tecniche psicologiche nel secondo. Mi ha raccontato che il corso di psicologia gli aveva insegnato come interpretare i desideri dei turisti, sulla base della loro etá, del genere e dell’aspetto, così che lui potesse predire il loro futuro adeguatamente. A dire il vero, Mr. Wang era solo uno tra le centinaia di falsi sacerdoti o monaci assunti dalle compagnie turistiche o dagli stessi siti per commercializzare il patrimonio culturale e il credo religioso. Molti degli storici templi buddhisti e taoisti di Xi’an sono stati estesi in queste aree culturali panoramiche e hanno dato vita a truffe turistiche di questo genere, che vengono organizzate alla luce del sole.

Quando si tratta di commercializzare, valori etici e moralità sono fuori questione. La commercializzazione del patrimonio culturale di Xi’an va infatti ben oltre l’esempio dei falsi sacerdoti e monaci. Ora tenterò di mostrare come Xi’an sia stata trasformata da capitale del patrimonio culturale cinese al fulcro del capitalismo del patrimonio culturale.

Xi’an, precedentemente chiamata Chang’an, è conosciuta come la culla della civiltà cinese, antica capitale del paese e punto di approdo orientale della Via della seta. Xi’an è stata la capitale per tredici dinastie, incluse le famose dinastie Qin, Han e Tang. I libri di storia sottolineano spesso che Xi’an rappresenta tremila anni di civiltà cinese. Infatti, Chang’an, come si chiamava la città durante la dinastia Tang (618-907 d.C.), giace ancora nel sottosuolo della Xi’an odierna. In ogni angolo della città c’è qualche sito di rilevanza storica. La città è famosa per il suo esercito di terracotta, ma conserva anche molti mausolei, palazzi reali, templi, tratti delle antiche mura, pagode e altri esempi di patrimonio culturale. La ricca storia imperiale di Xi’an riecheggia il discorso nazionale cinese, che aspira a creare un’immagine nazionale forte, consolidata e aperta. Per questo l’amministrazione cittadina ha celebrato le tre iconiche dinastie e ha glorificato i siti archeologici risalenti a quei periodi.

La città è stata anche incline a dare una dimensione turistica ai siti, creando spettacoli e performance che raccontino le storie di quei periodi e offrendo al pubblico la possibilità di vivere in prima persona la storia del luogo attraverso diverse forme di consumo. Si notano intense attività commerciali per tutta la città e ancora di più nei quartieri dove si trovano aree di rilevanza storica. Si potrebbe dire che il turismo si sviluppa naturalmente in un ambiente urbano di questo tipo, ricco di siti di rilevanza storica e archeologica. Tuttavia, personalmente ritengo che la portata e le dimensioni dei progetti di valorizzazione del patrimonio culturale, così come il tasso di crescita dell’industria turistica, siano di un’enormità senza paragoni a Xi’an. Ogni sito di rilevanza storica è stato sviluppato e esteso fino a diventare un’area culturale panoramica di interesse turistico che ricopre un territorio da dieci a venti volte superiore a quello del sito originale. In Cina tutto il territorio (in particolare quello che ospita i siti di rilevanza storica) appartiene allo stato.

Tuttavia, dato il successo dello sviluppo turistico a Xi’an, il governo ha concesso a molte aziende il diritto di controllare i progetti di valorizzazione del patrimonio culturale. Queste aziende hanno quindi provato a privatizzare i siti stessi. Per esempio nel giugno del 2012 il Tempio del Dio della Fortuna di Xi’an era quotato in borsa. Questo tentativo di privatizzare il tempio ha naturalmente offeso i credenti e persino il governo nazionale. Due settimane prima che il tempio fosse effettivamente quotato, l’ente preposto all’amministrazione statale degli affari religiosi ha intimato all’azienda di annullare l’operazione. Questo ente ha inoltre deciso che tutti i luoghi sacri in Cina dovessero ridurre al minimo le attività commerciali e che non avrebbe accettato che il tempio fosse quotato in borsa.

Tuttavia, ignorando le critiche del governo e dell’opinione pubblica, l’operazione è andata avanti, anzi è stata seguita dalla quotazione di altri siti di rilevanza storica di Xi’an, come le Mura Cittadine, il Palazzo Daming della Dinastia Tang e la Pagoda della Grande Oca Selvaggia. Gli ultimi due siti sono stati persino inseriti nel Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2014. Era possibile, quindi, possedere, comprare o vendere quote del Patrimonio dell’umanità. Cosa ha dato origine a un tale livello di privatizzazione del patrimonio culturale in un paese socialista come la Cina? Cosa ha permesso alle aziende di promozione turistica di raggiungere un tale potere a Xi’an? Per rispondere a queste domande dobbiamo andare indietro fino al 2009, anno del primo progetto ‹di successo› di valorizzazione del patrimonio a Xi’an, da parte della Qujiang Corporation.

Qujiang è il nome di un distretto situato nell’area sud orientale di Xi’an. Al tempo della Dinastia Tang, si trovavano lì la residenza estiva e i giardini imperiali. Fino al 2002 l’area rimase rurale con ampi appezzamenti di terreno coltivato. Nell’aprile del 1998 il Comitato di amministrazione del Distretto di Qujian ha fondato una società per azioni chiamata ‹Xi’an Qujian Cultural Industry Investment (Group) Co., Ltd.› (o più semplicemente la Qujian Corporation), allo scopo di pianificare i progetti legati alla valorizzazione del patrimonio culturale e allo sviluppo dell’industria culturale nel distretto. Nell’arco di una decina d’anni, il distretto di Qujian si è trasformato da un’area rurale verde in un’importante attrazione, una destinazione culturale, una zona turistica. C’erano almeno cinque grandi parchi a tema e aree culturali panoramiche nel distretto di Qujiang. L’azienda ha lanciato una serie di piani su ampia scala perché i siti culturali venissero sviluppati e stimolassero così l’industria turistica. Il progetto ha funzionato a meraviglia.

Di conseguenza il numero dei visitatori del distretto di Quajing è cresciuto drasticamente da 1,2 milioni nel 2002 a 51,46 milioni nel 2014. Il distretto è diventato un centro economico capace di indurre aziende e negozi a aprire in quella zona. Le persone volevano trasferirsi nel distretto. La Qujian Corporation si è messa quindi a cooperare con degli sviluppatori immobiliari per costruire grattacieli residenziali nelle zone circostanti le aree di rilievo culturale. Il prezzo dei terreni nel distretto è salito vertiginosamente da 78 euro fino a 882 euro al metro quadro in soli tre anni, a seguito della cooperazione immobiliare di Qujiang. Per mostrare il suo riconoscimento, l’amministrazione della città di Xi’an ha ufficialmente annunciato l’espansione dell’area pertinente al distretto di Qujiang da 20,57 km a 40,97 km quadrati, cosicché ci fosse spazio per più progetti di valorizzazione del patrimonio e per più speculazione immobiliare.

Grazie al ‹successo› della trasformazione di Qujiang in una popolare meta turistica e persino in un’area residenziale d’alta classe, l’amministrazione cittadina ha riconosciuto alla Qujiang Corporation il potere di applicare il medesimo modello imprenditoriale su altri siti e distretti della città, tra cui spiccano il Palazzo Daming, le Mura Cittadine, il Tempio di Louguangtai e il Tempio del Dio della Fortuna. Lo sviluppo di questi siti ha seguito il principio del distretto di Qujian, con una commercializzazione turistica seguita da uno sviluppo immobiliare. Alcuni studiosi hanno descritto questo fenomeno come ‹il più ambizioso sviluppo di iper-patrimonio culturale› e hanno criticato il modello di omogeneizzazione di differenti siti di rilevanza storica e culturale nella città. Tuttavia col supporto del governo questo modello imprenditoriale è stato replicato e diffuso non solo a Xi’an e nella provincia di Shaanxi, ma anche in altre province cinesi.

In un freddo giorno d’inverno del 2014, un mio amico mi ha portato in un orfanotrofio per donare dei vestiti e un po’ di cibo. Abbiamo lasciato Xi’an, siamo entrati in una zona rurale e siamo arrivati alla nostra destinazione solo dopo aver guidato per un’ora tra stradine strette, ripide e in salita. Durante la visita ho avuto modo di parlare con la direttrice, che mi ha riferito che l’orfanotrofio era precedentemente situato nella zona ora occupata dal Daming Palace Heritage Park. Il parco ricopre un’area di 4 km quadrati. A causa della sua costruzione, decine di migliaia di persone e famiglie hanno dovuto lasciare quell’area, allora densamente popolata.

Tra questi, anche l’orfanotrofio ha dovuto spostarsi.La direttrice mi ha detto che la location originale era molto più comoda e molte più persone facevano loro visita per donare. Il quartiere era affiatato e i bambini potevano correre e giocare liberamente nel circondario. Quando si sono dovuti trasferire hanno provato a cercare un’alternativa in zona. Purtroppo, a causa dei progetti sul patrimonio culturale e al crescente tasso di urbanizzazione a Xi’an, i prezzi di terreni e affitti sono aumentati così drasticamente che l’orfanotrofio non si poteva più permettere di restare in città. Si sono quindi dovuti allontanare. Mi è sembrato evidente che l’orfanotrofio fosse vittima dei progetti di sviluppo turistico legati al Daming Palace, nonostante la direttrice non l’abbia esplicitato. Non si sognava nemmeno di dare la colpa ai progetti legati allo sviluppo del patrimonio culturale, anzi, sembrava ritenere praticamente inevitabile che il governo proseguisse con la costruzione del parco.

Questo atteggiamento riflette come la propaganda legata allo sviluppo turistico e i progetti sviluppati a Xi’an negli ultimi dieci anni,che sono tuttora molto attivi, siano penetrati nella coscienza degli abitanti della zona. Xi’an è stata la capitale del patrimonio culturale nel tempo in cui le persone condividevano un’identità collettiva legata all’antica capitale della Cina. Tuttavia, con lo sviluppo dei progetti di valorizzazione del patrimonio, i siti sono stati limitati e recintati con un prezzo d’ingresso. Questi immensi e uniformi siti di rilevanza culturale sono di fatto miniere d’oro per il governo e per gli imprenditori privati. Alla luce dello sviluppo commerciale di queste zone, della loro privatizzazione da parte dello stato, degli imprenditori e del mercato, è evidente come Xi’an si sia trasformata da capitale del patrimonio culturale alla culla del capitalismo culturale.

*Questo articolo è stato pubblicato originariamente su menelique #2 La città muta