Le due più importanti economie africane – il Sudafrica e la Nigeria – rischiano di impelagarsi in un lungo incidente diplomatico che poco o nulla ha a che fare con i recenti attacchi xenofobi contro i migranti africani (che si sono susseguiti per settimane dalle baraccopoli sin nel cuore degli stessi centri urbani di importanti città come Durban e Johannesburg).

Attacchi usati a scudo di azioni diplomatiche che celano ben altre aspirazioni politico-economiche e che altro non sono invece che l’evidenza di un disagio sociale che trova radici in ben diverse problematiche. La posta in gioco è la rivalità e le aspirazioni per il dominio politico ed economico dell’Africa sub-sahariana. Fatto notoriamente evidente se si considera peraltro che tanto la Nigeria quanto il Sudafrica stanno facendo pressione per una posizione permanente presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu in rappresentanza dell’Africa.

Il 25 aprile scorso in seguito a un’ondata di violenze xenofobe – che ha fatto almeno 7 vittime nell’ultimo mese tra i migranti africani che vivono in Sudafrica – il ministro degli affari esteri della Nigeria Aminu Wali ha richiamato i suoi ambasciatori a Pretoria, Martin Cobham e Uche Ajulu-Okeke. Con una dichiarazione del Dipartimento per le Relazioni Internazionali e la Cooperazione il Sudafrica si è ancora detto impegnato a mantenere relazioni amichevoli con Abuja, nonostante inizialmente avesse apostrofato tale decisione come un atto inopportuno e deplorevole. Si consideri che la Nigeria – facendosi quasi portavoce del malcontento e delle critiche di altri Paesi (come Zimbabwe e Cina) contro l’incapacità del governo sudafricano di fornire adeguata protezione ai migranti – è stato l’unico governo a richiamare i suoi ambasciatori.

Il ministro degli esteri sudafricano Maite Nkoana-Mashabane se da un lato ha dispiegato l’esercito per far fronte a una complessa situazione (che ricorda quella del 2008 quando la violenza xenofoba causò la morte di circa 62 immigrati), dall’altro ha cercato il sostegno diplomatico degli altri Paesi del continente per sconfiggere il “demone” dell’odio razzista contro gli immigrati. Appello raccolto dai diplomatici di diversi paesi africani che hanno invitato i loro cittadini a non cercare vendetta. «Facciamo appello ai nostri di non vendicarsi», ha dichiarato l’altra settimana l’ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo – Bene M’Poko – durante una conferenza stampa a Johannesburg.

E non mancano i governi che hanno iniziato a rimpatriare i propri cittadini, come il Malawi che ha esortato il Sudafrica a garantire una maggiore protezione degli immigrati (riecheggiando così le richieste provenienti da Cina e Unione africana). O quelli come il Kenya che si sono detti pronti a evacuare i loro cittadini che si sentono minacciati. E d’altro canto non sono mancate neanche le contro-proteste – in risposta a quelle xenofobe – nei paesi d’origine degli immigrati. Come nel vicino Mozambico dieci giorni fa, quando le persone del posto hanno bloccato temporaneamente una strada che porta alla frontiera sudafricana.

O come quelle davanti all’ambasciata sudafricana in Nigeria. Dove peraltro un’associazione locale il Socio-Economic Rights and Accountability Project ha invitato la Corte Penale Internaionale (Cpi) ad aprire un’indagine contro il re zulu Goodwill Zwelithini per presunto incitamento alla violenza attraverso dichiarazioni di odio considerate alla base delle violenze e delle discriminazioni contro nigeriani e altri cittadini africani.