Nel 2003 il numero di turisti a Berlino si aggirava attorno agli 11 milioni, nel 2013 i pernottamenti schizzano a più di 26 milioni escludendo dal conteggio gli appartamenti privati: solo Airbnb ha nella capitale tedesca almeno 11.000 alloggi. Ma non tutti sembrano essere entusiasti davanti agli sciami che invadono quartieri e con l’intolleranza per le confusioni festaiole ecco che arrivano, presenti all’appello, le fobie di gentrificazione su un apparente (falso?) problema dove emergono gli umori sul tema.
Nel documentario Welcome/Goodbye la regista Nana A.T. Rebhan pone la questione del boom turistico berlinese tra conseguenze positive e non, ascoltando residenti, operatori turistici, sociologi, tampinando qualche viaggiatore e chiedendosi alla fine della giostra: insomma, a chi appartiene la città? Per Burkhard Kieker, manager del portale del Senato visitBerlin.de, naturalmente, non si può pensare che una città si (ri)scopri come un interessante approdo e allo stesso tempo non volerlo condividere con altri. Dall’altra sponda si addita il turista come un consumatore selvaggio e ci si indigna che interi palazzi restino vuoti per mesi e poi siano affittati, mentre la ricerca di una casa che vive il residente è sempre più estenuante.

A tal riguardo negli ultimi mesi nell’agenda politica c’è la regolamentazione delle «case vacanze», ancora in parte in discussione, che potrebbe portare al bando del permesso di affitti brevi di tal sorta. Una zona grigia tra legale e illegale che ha fatto la fortuna di molti e il benefico arrotondamento di altri. Eppure Berlino sembra rimanere in parte ancora fedele alla linea di spazio urbano sostenibile, eco friendly, dove un referendum cittadino può impedire colate di cemento su un parco e il turismo forse è meno vorace che altrove.
Perché questo documentario? «Negli ultimi due anni – dice la regista – il mio quartiere, Schillerkiez, è radicalmente cambiato, il parco di Tempelhof (ex aereoporto, ndr.) è una assoluta meta turistica, molti cafè e bar trendy sono sorti in zone di povera migrazione così come diverse scritte anti turisti. Mi sono chiesta, quindi, il perché di tutto questo». È così terribile avere dei turisti attorno? «Il problema esiste – continua Rebhan – nel momento in cui si vivono attriti in alcuni quartieri. Parte del turismo di Berlino è un turismo di quartiere. La ricerca continua di stili di vita alternativi, o di come si vive realmente, crea disagio se non tutti vogliono essere spiati o fotografati nella loro vita quotidiana».

Di certo non tutti sono pronti con il forcone, ma è sempre divertente notare come frange di residenti che si definiscono politicamente molto a sinistra, esercitino una sorta di xenofobia politicamente corretta. Su alcune case occupate campeggia la scritta: Sì ai rifugiati no ai turisti. Quindi se esiste un problema, dove sono le soluzioni? «Per quanto il tuo turismo sia sostenibile non puoi pensare che non ci siano delle conseguenze sul posto – continua Nana A.T. Rebhan – e non credo nemmeno che si possa fermare un certo tipo di gentrificazione respingendo il turismo, perché le cause di questa sono molte.

Però si può provare a ridurre il livello di conflitto tra turisti e residenti, evitando anche di mescolare case vacanze e residenza fissa in uno stesso appartamento, o utilizzando una tourist tax che incentivi la cultura e il social housing». Johannes Novy è un esperto di sociologia urbana secondo il quale più che di intolleranza verso i turisti ha senso parlare di uno scetticismo sull’impatto che il turismo stesso sta avendo sulla città e che, paradossalmente, minaccia le vere attrattive che hanno sedotto i turisti inizialmente. In aggiunta ci sono i timori delle persone che sono state forzate a lasciare il loro quartiere per l’aumento degli affitti.

«La soluzione è scostarsi dall’idea della crescita a tutti i costi applicata allo sviluppo del turismo: è necessario pensare realmente a un turismo sostenibile da vari punti di vista e anche a politiche per la casa diverse. La questione delle case vacanza sono un problema in termini di sviluppo non equo e di scarsità di abitazioni che le persone possono permettersi. È normale che i residenti siano preoccupati». Appunto. Se il taglio del dibattito percorresse l’idea di come il turismo possa essere accettabile, da diverse angolature, tra cui soprattutto quella economica, allora non solo ci sarebbe davvero un confronto fertile e aperto ma anche dei problemi concreti che attendono soluzioni. Ma se la battaglia sconfina verso il «personale», e il documentario non ne è totalmente immune, ovvero virando il discorso su una tipologia del turista che non sente profondamente il posto (e ha tutto il diritto di non sentirlo) come si dovrebbe, allora a quel punto Berlino deve definitivamente accettare la sua perdita di innocenza.