Si riaggiorna a lunedì il tavolo al ministero dello Sviluppo economico sulla Whirlpool di Napoli. L’azienda statunitense il 31 maggio aveva annunciato la cessione del sito di via Argine, disattendendo il piano firmato al Mise appena sette mesi prima, a causa dei cali di vendita delle lavatrici di alta gamma prodotte proprio nello stabilimento partenopeo. Da allora gli operai (430 i dipendenti diretti più l’indotto) presidiano l’impianto giorno e notte, decisi a non smobilitare né a farsi vendere. Ha cominciato persino a girare una petizione per boicottare i prodotti del marchio.

DOPO UN INCONTRO con l’azienda andato a vuoto, martedì il ministro Luigi Di Maio ha firmato tre direttive per bloccare i finanziamenti al gruppo Usa: «50 i milioni incassati dal 2014» ha spiegato, da quando cioè acquisì il gruppo Indesit dalla famiglia Merloni. Ieri i rappresentanti dell’azienda hanno cominciato in modo bellicoso: «Hanno accusato il ministro di aver causato un danno al titolo in borsa con la firma dei tre atti – hanno raccontato i rappresentanti della Fiom – ribadendo quindi di non avere una soluzione diversa dalla cessione».

Una posizione che, ancora una volta, ha provocato la sollevazione dei rappresentati dei lavoratori al tavolo. Di Maio, che si gioca una grossa fetta del suo elettorato, ha tenuto ferma la posizione: «No alla chiusura del sito di Napoli, no al disimpegno di Whirlpool, mantenimento dei livelli occupazionali. Questi sono i pilastri con cui ricominciare il dialogo. Ci aspettiamo risposte». L’ad di Whirlpool Italia, Luigi La Morgia, ex direttore proprio dello stabilimento di via Argine, ha provato a sua volta a non cedere: «Dopo l’atto di martedì del ministro non siamo in condizione di trovare una soluzione». Il botta e risposta è proseguito sullo stesso tono: «Non c’è tempo da perdere, serve il rispetto dei lavoratori». Dall’impasse si è usciti solo quando l’azienda ha tolto dal tavolo il disimpegno da Napoli, accettando di ragionare sul proseguimento dell’attività. «Da lunedì do per scontato che arrivino soluzioni che ripartono dai tre pilastri» il commento di Di Maio. E agli operai: «Tenete duro. Lunedì ascolteremo l’azienda per capire che soluzioni ci porteranno».

PER I SINDACATI si ritorna all’unica opzione possibile, il piano di ottobre che prevedeva investimenti in tutti i siti italiani a fronte di nuovi ammortizzatori per 2 anni. Alla Whirlpool il compito di far quadrare i conti, riportando nella penisola le produzioni delocalizzate. Si è aperto uno spiraglio ma nessuno è tranquillo. Le voci di compratori messe in giro, smentite e poi rialimentate danno la sensazione che la fuga dall’Italia sia una possibilità che l’azienda rimanda ma non cancella. Per ora prende tempo, in attesa di capire se si può aprire una falla nella resistenza. Falla che per ora non c’è.

Anche ieri il Mise era presidiato dagli operai arrivati in pullman. Il vicesindaco partenopeo Enrico Panini era al tavolo: «Assistiamo a una surreale pagina della storia industriale. L’azienda prima sostiene di non avere soluzioni e poi chiede tempo». E la segretaria nazionale della Cgil, Barbara Tibaldi: «Non disimpegno non vuole ancora dire tutto, ma è un passo avanti. Poi, siccome sono inaffidabili, questo è l’ultimo tempo che gli diamo per dimostrarci la loro affidabilità. Whirlpool ha avuto il coraggio di dire che, per colpa dei provvedimenti presi da Di Maio, doveva rivalutare ammortizzatori sociali e investimenti in tutto il paese». Il segretario nazionale della Uilm Gianluca Ficco spiega: «Abbiamo proposto sia alla multinazionale sia al ministero di valutare il rifinanziamento della decontribuzione dei contratti di solidarietà, che in passato ha contribuito a risolvere vertenze analoghe».

La giornata era iniziata con l’ex ministro Carlo Calenda che cannoneggiava Di Maio: «Sapeva da aprile e ha pure incaricato Invitalia di trovare il compratore per il sito di Napoli». Oggi ci sarà un question time alla Camera.