La Whirlpool ha fretta di avviare le macchine degli stabilimenti italiani. Venerdì scorso ha comunicato la decisione di ricominciare a produrre a partire da domani. Il governo ha inserito gli elettrodomestici nell’elenco delle produzioni non essenziali, ma il decreto del presidente del Consiglio del 10 aprile prevede la riapertura del commercio al dettaglio in negozi non specializzati di elettrodomestici così Whirlpool ritiene di poter fare richiesta alla prefetture utilizzando il «silenzio assenso» previsto per le filiere.

In Italia i dipendenti della multinazionale Usa sono 5.565, i siti più grandi sono in zone investite in pieno dal Covid-19: a Cassinetta, in provincia di Varese, sono quasi 2mila addetti; altrettanti sono impiegati nelle Marche tra Melano, Fabriano e Comunanza. La Fiom di Ancora venerdì scorso aveva dato l’allarme: «Riaprire significa mettere a rischio il rallentamento dei contagi. Allo stato attuale nessun protocollo di sicurezza messo in piedi dalle aziende può dare la certezza che la propagazione del virus sia nulla».

Contro la scelta della Whirlpool si sono schierate Uilm e Fim Cisl: «Riteniamo tale richiesta una forzatura e ci attiveremo presso i prefetti e le regioni interessate per segnalare la nostra contrarietà» ha spiegato la segretaria nazionale Fim Alessandra Damiani. E La Fiom Cgil con la segretaria nazionale Barbara Tibaldi, responsabile del settore elettrodomestici: «Tutte le Rsu di stabilimento hanno ribadito la necessità di prepararsi con la sanificazione dei locali e con le misure di sicurezza per quando, presumibilmente il 3 maggio, la normativa nazionale riaprirà il settore».

La Fiom contesta anche la logica della decisione: «Il presidente Whirlpool Emea, Gilles Morel, ha spiegato che l’80% della produzione italiana è per l’export, quindi non urgente per i negozi italiani, ma poi si è rammaricato di aver dovuto fermare gli impianti perché non considerato settore essenziale. Infine, incredibilmente, mentre la dirigenza italiana dichiara indispensabile produrre da subito, anche in piena pandemia, conferma la chiusura del sito di Napoli». Tibaldi conclude: «Serve rispetto, serve individuare strade condivise sulla messa in sicurezza di impianti e persone. Chiediamo al governo di far rispettare le norme e auspichiamo l’immediata ripresa del confronto sulla vertenza Whirlpool, che deve avvenire sospendendo la comunicazione di avvio delle produzioni il 15 aprile».

Resta il nodo irrisolto del sito di Napoli, circa 420 dipendenti diretti. Morel ha ribadito la volontà di chiudere entro ottobre. «Mi pare difficile che l’azienda con il supporto di Invitalia trovino una nuova missione produttiva – spiega Rosario Rappa, segretario generale Fiom Napoli –. Del resto, nell’ultimo periodo prima del lockdown, l’impianto di via Argine ha lavorato a pieno regime sulle lavatrici. Whirlpool continua a produrle, solo le vuole spostare all’estero, Turchia o Polonia. L’azienda deve presentare un nuovo piano. Alla luce degli ultimi orientamenti del governo, non è pensabile che prenda aiuti, nuovi ammortizzatori per poi chiudere Napoli».