Al ministero dello Sviluppo economico ieri mattina nuovo round della vertenza Whirlpool relativa al sito di Napoli, dove rischiano il posto 420 lavoratori (più l’indotto) impegnati nella produzioni di lavatrici. L’ad per l’Italia del colosso Usa, Luigi La Morgia, ha presentato cinque possibili strategie sottolineando che la migliore per l’azienda sarebbe la cessione della fabbrica partenopea, il ministro Luigi Di Maio ha replicato offrendo sgravi contributivi per 17 milioni in 15 mesi a patto di tenere sito e missione produttiva. Tutto rimandato a un nuovo tavolo tecnico da convocare.

Il confronto è cominciato con il quadro a tinte fosche dipinto da La Morgia: dai circa 700 mila pezzi che si realizzavano nel 2009 si è scesi oggi a 269 mila, con un calo delle vendite del 36% a livello internazionale e del 19% in Europa, Medio Oriente e Africa. Il sito dal 2011 utilizza gli ammortizzatori sociali, i dipendenti lavorano 6 ore al giorno per circa 9 giornate al mese. Uno scenario però non troppo differente da quello che aveva portato alla sottoscrizione con il Mise del Piano industriale a fine ottobre, rinnegato a fine maggio, con a Napoli tutta l’alta gamma. «Ulteriori investimenti nella produzione di lavatrici a Napoli, anche se supportati da significativi incentivi finanziari, non garantiscono una soluzione sostenibile – è la posizione di La Morgia -. Solo un nuovo progetto industriale e un nuovo prodotto sono in grado di garantire i posti di lavoro». Cioè riconversione del sito con la cessione a una nuova società.

L’elenco delle opzioni fatto da La Morgia è sembrato quasi un esercizio retorico: «Le prime tre richiederebbero investimenti nell’alta gamma, un segmento in forte difficoltà, o trasferimenti di produzione da altri siti con ripercussioni sugli altri stabilimenti e sulla profittabilità dell’azienda». E a Melano già tremano, preoccupati di essere i prossimi nella lista di siti da sacrificare insieme a Caserta. Sarebbero comunque soluzioni, a detta di Whirlpool, in grado di garantire solo parzialmente i posti di lavoro e non sostenibili nel medio termine. La quarta opzione prevederebbe il mantenimento della produzione di lavatrici ma sotto un diverso player industriale, soluzione alla quale Whirlpool sarebbe aperta solo «a determinate condizioni. Ma al momento l’azienda non ha ricevuto alcuna manifestazione di interesse». L’ultima, quella che il colosso Usa preferisce, prevede un acquirente e una differente missione produttiva, in modo da non avere concorrenza diretta.

«Abbiamo fatto i compiti a casa», ha però ribattuto Di Maio, spiegando: «Non vogliamo una guerra tra poveri. Siamo pronti a supportare l’individuazione di un’alternativa alla vendita. È pronta una norma, da approvare nei prossimi giorni, che permetterebbe a Whirlpool di avere una decontribuzione per 17 milioni di euro nei prossimi 15 mesi, non pagando tasse sui contratti di solidarietà». La decontribuzione è vincolata a un investimento nelle lavatrici di alta gamma, oltre a spostare quelle già a regime dall’estero a cominciare dalla Polonia (come prevedeva il piano di ottobre) e all’individuazione di una missione produttiva aggiuntiva. Escluso, quindi, uno spostamento di prodotti dagli stabilimenti italiani per non innescare una nuova crisi.

Whirlpool prende tempo: «Abbiamo accolto con favore la proposta sulla decontribuzione ma ci servono i dettagli. Abbiamo già chiesto di avere il testo – ha replicato La Morgia -. Abbiamo presentato 5 ipotesi, dobbiamo incrociarle con questo elemento di novità presentatoci dal Mise per valutare tutte le implicazioni. Dobbiamo capire il contenuto tecnico del testo per poi fare valutazioni». La segretaria nazionale della Fiom, Barbara Tibaldi, commenta: «Finalmente è finito un dialogo fra sordi. Forse i 17 milioni hanno portato l’azienda ad ammettere che le lavatrici possono restare a Napoli e che anzi la produzione può essere spostata dall’estero».