Il gran parlare intorno all’ipotesi di «JobsAct» di Matteo Renzi continua a produrre i suoi effetti. Anche in mancanza di una qualche bozza di testo normativo sul quale confrontarsi. Così ora prendono la parola i sindacati. E si scoprono delle novità, insieme con i soliti riflessi condizionati. Meglio andare per ordine.

La Cgil accetta il piano delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio e si lancia nella proposta di una «vera riforma degli ammortizzatori sociali», che sia a carattere «inclusivo e universale» e si fondi su due soli istituti. Da una parte la tutela dalla disoccupazione. Dall’altro la tutela nel caso di sospensione di attività e ore lavorate. Tutti e due gli strumenti devono essere poi ricollegati alle politiche attive, «di modo che il fine ultimo del sostegno al reddito sia sempre l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo». Il sistema dovrebbe funzionare in modo che «se tutti i lavoratori e tutte le imprese contribuiscono al sistema universale di ammortizzatori, si può estendere il sostegno al reddito anche ai precari, includendo tutte le tipologie contrattuali subordinate e parasubordinate». È un meccanismo assicurativo, insomma.

Qui il discorso si fa complicato e contraddittorio. Perché il sussidio di disoccupazione e il sostegno al reddito sono due strumenti diversi, compatibili l’uno con l’altro, ma non certo accomunabili. Il primo interviene in caso di assenza di lavoro e conseguentemente di reddito. Mentre il secondo sostiene le persone che non raggiungono un livello di reddito dignitoso. Con o senza lavoro. È il caso del reddito minimo garantito: al momento del tutto escluso dal dibattito intorno al «JobsAct».

Il pericolo di confondere queste misure è avvalorato da un passaggio dell’intervista rilasciata da Susanna Camusso a La Repubblica, dove si afferma: le risorse «che oggi dalla fiscalità generale vanno verso gli ammortizzatori in deroga, dovrebbero sostenere la fase di avvio del nuovo sistema e il potenziamento delle risorse stanziate per le nuove politiche attive necessarie a superare la logica dell’assistenza».

Il superamento della Cig in deroga finanziata dalla fiscalità generale è un intento meritorio. Ma sembra introdurre una sorta di estensione della stessa Cig in deroga, piuttosto che il ripensamento in senso universale degli ammortizzatori sociali e l’introduzione del reddito minimo garantito. Con in più una pericolosa tendenza al Workfare, piuttosto che ad un nuovo Welfare. Creazione di posti di lavoro a qualsiasi condizione: soprattutto per gli ipotetici lavoratori e lavoratrici. C’è già il Protocollo su Expo 2015 a ricordarci di non confondere volontariato con lavoro gratuito.

Nel frattempo il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha pensato bene di riportare tutti con i piedi per terra. «Prima che alla cancelliera Merkel questa legge la si doveva far vedere ai lavoratori e alle loro rappresentanze», ha tuonato da La Stampa. Come dargli torto? Poi ha aggiunto, con un pizzico di coda di paglia: «A me non interessano le sceneggiate concertative, ma un serio lavoro preparatorio, come si fa ovunque nei Paesi avanzati. È una scelta che produrrà errori». È probabile che l’attuale «Sindaco d’Italia» non perderà occasione per ricordare a Bonanni che, dopo trent’anni di concertazione tra governi e parti sociali, di errori se ne sono fatti parecchi, spesso proprio a causa di «quei seri lavori preparatori». E come dare torto anche a lui?