Weber, quando il Ppe guarda a Salvini
Partito popolare europeo In un'intervista ha lodato la linea dura del governo pentastellato
Partito popolare europeo In un'intervista ha lodato la linea dura del governo pentastellato
Il sovranista popolare europeo. È il Primo rappresentante dei moderati nel Parlamento di Bruxelles, ma anche l’ultimo dei gregari scesi in campo per supportare chi costruisce il muro contro i profughi, ad eccezione di chi proferisce termini «inaccettabili» come «la strada per l’inferno» del premier ceco Andrej Babis.
Nelle ultime due settimane si è fatto notare per l’appoggio alla «soluzione condivisa» della cancelliera Merkel contro il «populismo» del ministro dell’Interno Seehofer (leader del suo stesso partito); poi per la ferma opposizione all’Europa in formato Macron, che secondo lui è stata «spenta dal summit franco-tedesco di Meseberg» a fine giugno.
PRIMA DI FINIRE sotto i riflettori per aver suonato il «campanello d’allarme» dopo il vertice di Helsinki tra Putin e Trump. E, soprattutto, aver clamorosamente tessuto le lodi di Matteo Salvini, di cui condivide «le politiche sul terreno alternative a quelle della sinistra» come ribadito ieri nell’intervista al Corriere della Sera.
Manfred Weber, classe 1972, capogruppo del Partito popolare europeo e vicepresidente della Csu, non smette mai di fare notizia. Per ciò che pensa e dice e, ancora prima, per la riconosciuta abilità a tenere insieme le posizioni più distinte e distanti. Da democristiano Doc, si ostina a puntellare il cerchio pan-europeo mentre colpisce la botte sovranista che gli serve per demolire la «vecchia politica socialdemocratica» quanto a far concorrenza all’ultra-destra dell’AfD che minaccia di rompere il monopolio Csu alle elezioni in Baviera il prossimo 14 ottobre.
«Insieme, noi europei tutti uniti, per difendere il nostro commercio, la nostra storia, i nostri valori. Proprio come abbiamo superato il terremoto finanziario del 2008 e creato 10 milioni di nuovi posti di lavoro. Questa volta, il terreno giusto per l’unità è l’immigrazione» è la sintesi del pensiero «weberiano».
IN ALTRE PAROLE, fuori dalle interviste, è il via libera all’«Europa che protegge» come ha sostenuto lunedì il capogruppo Ppe, impegnato a «sostituire il principio dell’unanimità nelle decisioni dell’Ue con quello di maggioranza». Solo così «l’Europa sarà in grado di agire e di essere percepita a livello globale» precisa l’europarlamentare cristiano-sociale. Da qui la sua idea dell’Ue che, ben più della riforma di Frontex, deve essere capace di «espandere la propria difesa». E da qui, con buona pace di Salvini, il segnale che l’appoggio alla linea del ministro italiano si limita alla sua richiesta di «solidarietà tra i Paesi dell’Ue sulla distribuzione dei migranti».
PERCHÉ su tutti gli altri fronti i piani dei popolari (e soprattutto della Germania) restano diametralmente opposti. Weber vede come fumo negli occhi la liaison dangereuse tra il capo della Lega e il presidente russo, e mentre elogia Salvini per l’«assunzione della leadership sull’immigrazione» invia – sempre via stampa – messaggi per niente equivocabili: «Come Europa abbiamo bisogno dei droni, della tecnologia cibernetica e della difesa di internet dagli attacchi degli hacker» che non sono richiedenti-asilo ma, per lo più, emissari di Mosca. Ancora: «massimo supporto all’economia europea», ovvero al modello ordoliberalista made in Germany che cozza come un iceberg con la neo-autarchia immaginata dal governo gialloverde di Giuseppe Conte.
Senza contare la campagna di Weber per l’inasprimento delle sanzioni europee alla Russia dopo l’avvelenamento dell’agente Skripal nel Regno Unito. «Mosca è aggressiva: impedisce la pace nell’Est dell’Ucraina», va ripetendo come un mantra il leader popolare, perfettamente allineato alla linea imposta da Mutti-Merkel. Come se non bastasse, infine, Weber a inizio luglio ha sparato ad alzo-zero contro Seehofer, primo alleato di Salvini in Germania, per il suo tiramolla sulle dimissioni da ministro «inaccettabile per un leader».
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