Correva l’anno 1982 quando in Giappone si formava il gruppo X, negli anni successivi il nome sarebbe poi mutato in X Japan. Verso la fine del decennio il gruppo, formato dal batterista, tastierista e cantante Yoshiki, dalla voce di Toshimitsu “Toshi” Deyama, dal bassista Taiji Sawada e dai ghitarristi Hideto “Hide” Matsumoto e Tomoaki “Pata” Ishizuka, raggiunse livelli di successo stratosferici nel paese natale, di fatto inventando un nuovo stile, il visual-kei. Rock, heavy metal melodico ed una forte componente spettacolare sia nei concerti live che nell’aspetto visivo, si mescolarono e trovarono espressione in un gruppo di musicisti ed amici che in un decennio avrebbe conquistato il Sol Levante.

Esce proprio oggi 14 ottobre anche in Italia, dopo essere già passato a Sundance per esempio, We Are X, un documentario diretto dall’americano Stephen Kijak che ripercorre la carriera del gruppo e le vicende tragiche e personali dei cinque. Al centro, fulcro spirituale degli X Japan si trova quello che da molti è considerato una specie di divinità, Yoshiki, al di là dei gusti personali un vero e proprio genio della musica, compositore oltre che polistrumentista ed artista a tutto tondo aprezzato anche da molti suoi colleghi americani.

Il film è strutturato a salti temporali fra il presente, il breve periodo di preparazioni di un grande concerto al Madison Square Garden di New York nell’ottobre del 2014, ed il passato del gruppo, le voci dei protagonisti, degli addetti ai lavori e dei fan da una parte e materiale d’archivio dall’altra. Un passato che il documentario rivela essere talmente tragico quasi da sembrare costruito a pennello per una narrazione sul grande schermo.

Influenzati agli inizi della loro carriera sia dallo speed metal che dal glam rock e da artisti camaleontici come David Bowie o Iggy Pop, la band riesce a trovare una peculiarità espressiva propria, le immagini d’archivio degli anni ottanta novanta ci mostrano dei musicisti con folte chiome e colori sgargianti quasi dal sapore punk ma influenzati anche dall’arte tradizionale giapponese come il teatro kabuki. La morte fa parte del DNA del gruppo fin da subito, il padre di Yoshiki si toglie la vita quando il piccolo musicista, che allora studiava musica classica, aveva solo dieci anni. Lo shock per questa perdita non lo lascierà mai, e questo dolore si riversa impetuoso nella batteria, strumento che Yoshiki nelle sue performance dal vivo ancora oggi percuote quasi come un rito esorcizzante fino a cadere inerme al suolo privo di forze. Come si diceva il successo in Giappone durante gli anni novanta è senza precedenti, tanto che il gruppo prova anche a sfondare in America, ma per una serie di difficoltà interne Yoshiki è costretto, per motivi che non ha mai rivelato, neanche in questo documentario, a far uscire dal gruppo il bassista Hide e per contrasti con il cantante Toshi a decidere la fine del gruppo nel 1997. La morte si riaffaccia quando un anno dopo, nel 1998, Hide viene trovato senza vita in quello che viene definito un suicidio, anche se molti ancora tutt’ora pensano si tratti di un incidente. La tragedia colpisce non solo i membri dell’ex band, ma anche i fan per cui il gruppo è quasi un motivo di vita, per disperazione o emulazione almeno un paio di ragazze finiscono per togliersi la vita. Quando la compagna di Toshi, sul finire dei novanta prima della rottura del gruppo, lo convince a unirsi ad una setta, la Home of Heart, al cantante, come dichiarato esplicitamente nel film, viene fatto un vero e proprio lavaggio del cervello e gli si mette in testa l’idea che il visual-kei ed il rock in generale siano messaggeri di satana ed il male incarnato.

L’idea di una possibile riunione del gruppo a metà degli anni duemila convince la setta, atratta possibilmente dall’incredibile giro di affari che X Japan produce, lo stesso Yoshiki nel film definisce il gruppo anche un business oltre che una famiglia, a far tornare Toshi con i vecchi amici. Questi si libera però del giogo del culto e ritorna “se stesso” e nel 2007 comincia così la seconda vita degli X Japan.

Il primo decennio dei duemila è il periodo dell’avvento dei social network e della diffusione della cultura attraverso internet a livello globale, in più la cultura giapponese pop, grazie anche se non soprattutto ad anime e manga nei decenni precedenti, viene finalmente sdoganata anche in altri paesi. Sfruttando queste tendenze, che probabilmente hanno anche aiutato a creare, gli X Japan fanno un ulteriore salto di qualità e la loro fama diventa interplanetaria. Ancora una volta però una tragedia colpisce la band, Taiji, chitarrista del gruppo fino al 1992 si riunisce a loro ma nel luglio del 2011 viene trovato morto in una cella di Saipan dove era stato detenuto per un’agressione avvenuta in aereo. Il documentario si conclude poco prima dell’inizio del concerto di New York, un film ben orchestrato e che per l’unicità delle storie raccontate si rivela interessante anche per coloro che non seguono da vicino il gruppo.