Se per il parlamento italiano il voto online fin qui è escluso, anche per Bruxelles il voto «a distanza» annunciato dal presidente dell’europarlamento David Sassoli non sarà una passeggiata. Nella capitale belga l’assemblea plenaria «straordinaria» si terrà il 26 marzo e sarà dedicata alle urgenti misure per rispondere alle conseguenze della pandemia. Grazie a un agreement raggiunto in una riunione in videocollegamento fra i presidenti dei gruppi e Sassoli – che sta concludendo il periodo di isolamento precauzionale -, confermato ieri dal bureau (l’ufficio di presidenza), il voto si svolgerà eccezionalmente «da remoto» tramite un’App lituana (la migliore rapidamente reperita sul mercato) e un indirizzo email certificato. Ai 751 parlamentari sarà inviata una «lista di voto» con in calce tre caselle (sì, no, astenuto). Dovranno barrarne una, poi scaricare il documento, firmarlo e rinviarlo al mittente.

MA LA PROCEDURA È UN UNICUM imposto dall’urgenza di approvare i provvedimenti della Commissione e la modifica delle regole degli slot aeroportuali (i cosiddetti voli fantasma). Avverrà a parlamento aperto, pur nel rispetto del distanziamento anti-contagio. Lo stesso Sassoli presiederà l’aula. Ma il dibattito sarà limitato: i gruppi si sono impegnati all’autodisciplina.

LA VITA FUTURA DEL PARLAMENTO non potrà basarsi su accordi fra gentiluomini e gentildonne. In queste ore il Segretariato generale passa al vaglio diverse ipotesi per gli appuntamenti parlamentari da maggio fino al 31 luglio (quello di aprile è saltato di fatto ‘assorbito’ dalla riunione di marzo). Grazie alle tre aule attrezzate nel palazzo, le riunioni delle commissioni e del bureau già si tengono in videoconferenza.

MA LA DIMENSIONE DELLA PLENARIA è tutt’altra. L’arduo compito degli uffici è individuare le soluzioni tecniche che garantiscano la completezza e la legalità del processo democratico e la libera espressione del voto di ciascun parlamentare. I regolamenti non prevedono casi analoghi, la giurisdizione su questo è quasi inesistente.

ALLO STUDIO DUE DIVERSE ipotesi. La prima, ipertecnologica, è il reperimento di un’app che garantisca la messa in rete di tutti i parlamentari. Ma è poco meno che un’impresa ciclopica: presuppone una modalità online sicura per tutti. Ma le reti non coprono omogeneamente il territorio dell’Unione e il rischio della discriminazione del singolo è forte. Il sistema poi dovrebbe essere sicuro dagli eventuali, ipotetici – ma neanche troppo – attacchi di hacker burloni o, peggio, interessati a dimostrarne la penetrabilità. Difficile anche assicurare la libertà del voto del deputato, che nella sua postazione potrebbe essere condizionato.

C’È UNA SECONDA VIA, meno avveniristica ma forse più affidabile. Quella del voto per delegazioni, da svolgersi in ciascuna delle 27 sedi nazionali del parlamento europeo. Garantirebbe il dibattito e il voto segreto, certificato e verbalizzato. Per l’europarlamento il lavoro «decentrato» potrebbe dunque essere la modalità di periodo medio-lungo, ordinario ma non troppo.

«IL PARLAMENTO NON RINUNCERÀ al suo processo democratico», ha assicurato Sassoli ai leader dei gruppi. Una necessità, oltreché una virtù, anche perché un vizio di forma nelle procedure sarebbe un pericoloso invito a nozze per i ricorsi.