Le proteste della Fiom, l’ultima assemblea dei delegati a Bologna, le dichiarazioni dei giuristi (da Nanni Alleva fino a Stefano Rodotà), perfino il caos degli spintoni a Cremaschi: le pressioni contro l’accordo sulla rappresentanza avrebbero fatto breccia nelle posizioni di Susanna Camusso, che sarebbe pronta a proporre – al prossimo Direttivo del 26 febbraio – una consultazione per il mese di marzo. Si svolgerebbe con assemblee dal 10 al 31 marzo, ma soprattutto – punto nodale, richiesto dai più critici – il voto sarebbe registrato e certificato, e interesserebbe soltanto le categorie coinvolte.

Sulla platea e le modalità la segreteria sta ancora lavorando, ma questa sarebbe la versione venuta fuori dall’esecutivo Cgil, riunito lunedì per diverse ore: si voterebbe in due urne differenti, una afferente alle categorie interessate all’intesa siglata con Confindustria (dai metalmeccanici ai chimici, dagli edili agli agroindustriali: circa 1.200.000 votanti potenziali), e l’altra per quei settori che potrebbero vedersi esteso l’accordo in futuro.

A fornire gli elementi della discussione è Nicola Nicolosi, segretario confederale Cgil, tra i critici rispetto all’accordo. In votazione andrebbe il dispositivo approvato dal Direttivo del 17 gennaio, che ha dato l’ok all’intesa. «La vittoria del sì quindi la confermerebbe, mentre se vincesse il no – spiega il segretario – è chiaro che dovremmo trarne le conseguenze, ritirando la firma».

Ma certo non è per nulla scontato, nonostante la limitazione del voto alle categorie interessate, che possa vincere la posizione portata avanti da Maurizio Landini: gli agroindustriali, i chimici, gli edili, i cui segretari generali si sono già espressi per il sì, mobilitano molti più operai dei soli metalmeccanici Fiom.

«Tutto dipenderà anche da come si svolgeranno le assemblee – dice ancora Nicolosi – Se cioè si sceglierà la modalità classica, ovvero che si riporta solo la posizione maggioritaria di chi governa l’assemblea. O se invece si deciderà, come a me pare più democratico, di poter fare esprimere entrambe le posizioni, i favorevoli e i contrari».

Anche su questo punto, la Fiom, Maurizio Landini, i delegati che si sono riuniti a Bologna, «benedetti» dal no di Rodotà all’accordo, sono stati chiari: le assemblee devono essere realmente informative e di discussione, devono aprire un confronto nella Cgil; in pratica come avviene al Congresso, dove è applicata la regola – ovunque riescano a essere presenti entrambi i rappresentanti – che parlino in modo paritario i sostenitori del documento 1 (Camusso) e del 2 (Cremaschi).

Quindi, se invece al Direttivo dovesse essere proposta la modalità di assemblea «classica», ovvero solo con l’esposizione della posizione maggioritaria e poi il voto, è molto probabile che Landini non ritenga democratico il sistema scelto, e continui a non volere applicare l’accordo.

Per capirci, queste assemblee «classiche» funzionano così: dove a riunirsi è la Filctem – per esempio alla Mapei di Giorgio Squinzi – parla solo l’esponente Filctem, e quindi sosterrà quasi sicuramente il sì; dove invece a indire l’assise è la Fiom – prendiamo la Fiat – si esprimerà uno della Fiom, e quindi un no. «È uno dei limiti maggiori delle nostre regole, per il resto democratiche – ammette Nicolosi – Un portato che ci viene dalle tradizioni operaie e della sinistra, su questo punto in effetti lacunose».

Susanna Camusso, secondo Nicolosi, ha aperto anche sulle sanzioni: «Camusso e gli altri segretari hanno spiegato che per la segreteria Cgil il testo dell’accordo va interpretato escludendo sanzioni per i delegati. Io prendo atto: e a questo punto mi aspetto un’indicazione esplicita in questo senso per i disciplinari dei contratti, quando si faranno per le singole categorie».

Certo per ora come marcia indietro è un po’ poco, anche perché, come indica lo stesso segretario confederale Nicolosi, «nel testo, nella parte IV, sono esplicitamente citate le sanzioni per Rsu e Rsa: il che è come minare il ramo su cui siamo seduti, il nostro terminale nei luoghi di lavoro». L’ideale sarebbe cancellare questa previsione dall’accordo, ma per questo risultato la strada appare lunga e difficile.