Passo dopo passo, ci si avvicina all’obbligo vaccinale nella Ue. Ieri, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha affermato «a titolo personale» che una «discussione debba essere fatta»: nella Ue il 77% della popolazione è vaccinata, ma restano 130 milioni di persone senza protezione, «sono molti». L’Austria ha già reso obbligatori i vaccini dal prossimo 1° febbraio, in Germania entro l’anno il nuovo governo di Olaf Scholz presenterà questa ipotesi al parlamento. Per von der Leyen, c’è «necessità di un approccio comune» tra i 27, mentre, per il momento, ognuno va per la sua strada per affrontare il panico causato dalla variante Omicron. La decisione in effetti dipende dagli Stati membri, non dalla Ue. La divisione è tale che il presidente del Consiglio, Charles Michel, ha dovuto rinunciare a convocare per questo fine settimana un video-vertice tra i 27 per discutere delle misure contro Omicron.

Ne discuteranno i ministri della Sanità martedì e poi il tema arriverà sul tavolo dei leader al Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre. C’è l’ipotesi dell’adattamento dei vaccini alla nuova variante, che potrebbero essere pronti «in circa cento giorni», secondo von der Leyen, mentre l’Ema, l’agenzia europea dei medicinali, valuta a 3-4 mesi il tempo per l’approvazione delle nuove formule nella Ue.

La controversa questione della levata dei brevetti sui vaccini è di nuovo messa da parte. Ursula von der Leyen ammette che potrebbe essere aperta la procedura di «licenza obbligatoria», cioè della cessione temporanea dei diritti sui vaccini per far fronte all’emergenza, ma di abolizione dei brevetti e di trasferimento di know how non si parla: la Ue, che ancora ieri ha insistito sul «rafforzamento della solidarietà mondiale», finora si è opposta alla richiesta di Sudafrica e India, appoggiata ormai da un centinaio di Stati nel mondo, da premi Nobel e specialisti. Finora, meno dell’1% dei vaccini sono andati ai Paesi poveri, le terze dosi nei Paesi ricchi sono sei volte superiori alle prime dosi in quelli poveri, mentre la promessa di consegnare 1,8 miliardi di vaccini finora è stata mantenuta solo al 14%. Di questa questione avrebbe dovuto discutere il Wto a Ginevra questa settimana, ma l’incontro è stato rimandato a miglior data a causa delle restrizioni nei viaggi, conseguenza di Omicron. Nella Ue si discute anche del vaccino dei bambini: le dosi Pfizer per uso pediatrico saranno disponibili dal 13 dicembre. La scorsa settimana l’Ema ha dato il via libera alla vaccinazione dei bambini da 5 a 11 anni.

Di fronte alla variante Omicron, i 27 stanno agendo in ordine sparso. Il Portogallo impone un test negativo per i turisti che vengono dalla Ue. La Francia ieri ha annunciato l’obbligo di test per i viaggiatori extra-Ue, vaccinati o meno, mentre i voli provenienti da dieci paesi dell’Africa australe (in realtà è soprattutto la rotta dal Sudafrica), che erano stati bloccati venerdì scorso, vengono riaperti sabato, ma con condizioni «drastiche», ha precisato il portavoce del governo. Cioè riguarderanno solo i cittadini Ue, i diplomatici e il personale navigante. L’Irlanda ha imposto test obbligatori per vaccinati e non vaccinati anche per chi proviene dalla Gran Bretagna, abolendo di fatto la Common Travel Area (che Londra continua invece a rispettare).

Restrizioni nei viaggi con l’Africa australe sono state imposte in 23 Paesi Ue. L’ultima è la Spagna, con misure mirate da martedì per 7 paesi. Tra i 27 è in discussione un «protocollo», ha affermato il sottosegretario francese agli Affari europei Clément Beaune, «estremamente rafforzato»: ci saranno restrizioni per i Paesi della «lista rossa» (test all’arrivo, alla partenza, misure di isolamento), «andremo senza dubbio ancora più lontano», ha avvertito. L’Oms invita però alla «calma», a risposte «razionali, proporzionate», perché «le proibizioni generali di viaggiare non impediscono la propagazione» e possono essere controproducenti, frenando le informazioni su nuove varianti.