Una vittoria risicata e un fronte «da Macron a Tsipras» molto sfilacciato: la nuova presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, deve ancora far fronte a un percorso ad ostacoli prima di assumere pienamente la sua carica. La data di insediamento della prossima Commissione è il 1° novembre, un’entrata esplosiva, il giorno dopo il Brexit (31 ottobre) che potrebbe avvenire in modo disordinato. Entro quella data la presidente incaricata dovrà comporre la Commissione, a partire dai nomi proposti da ogni singolo stato.

L’unica indicazione che ha dato è che la prossima Commissione rispetterà la parità di genere e che ci saranno pressioni per far rispettare questo equilibrio. Nel discorso fatto di fronte agli europarlamentari prima del voto, martedì, Ursula von der Leyen ha fatto molte aperture alle richieste del gruppo S&D e dei Verdi. Ma non sono servite ad ottenere il loro pieno appoggio: i Verdi hanno votato compattamente contro, mentre S&D si è spaccato, i parlamentari di 8 paesi hanno scelto di votare contro (i tedeschi dell’Spd si sono divisi al loro interno). Ursula von der Leyen spera però di convincere i reticenti a portare un voto favorevole, quando l’Europarlamento sarà chiamato, in autunno, a votare tutta la nuova Commissione, dopo aver realizzato le «audizioni» dei candidati ai posti di Commissario. Il gruppo S&D ha sottolineato ieri che l’appoggio a von der Leyen sarà condizionato al rispetto degli impegni presi, a cominciare da quello sul diritto d’asilo europeo e a un approccio più efficiente search and rescue.

L’apertura a S&D e ai Verdi ha scontentato il Ppe, dove una trentina di eurodeputati martedì ha votato contro la candidata dello stesso schieramento politico. Anche 4 liberali di Renew Europe hanno votato contro. Invece, la destra della destra che ha votato per la nuova presidente, i polacchi del Pis (gruppo Cre) e Fidesz di Orban (nel Ppe, ma sospesi), è già partita all’attacco per passare all’incasso. La Polonia, in particolare (come il M5S) rivendica il fatto di aver permesso l’esito positivo del voto di martedì. L’Ungheria ha già chiesto che il primo compito della nuova Commissione sia la protezione delle frontiere della Ue. L’Est è in ebollizione (Baltici esclusi, che l’apprezzano personalmente) perché si sente discriminato: sui tre vice-presidenti della prossima Commissione, non c’è nessun esponente della «nuova Europa» (l’olandese Frans Timmermans, la danese Margrete Vertager e lo spagnolo Josep Borrell, Mr.Pesc). La Francia potrebbe aggiudicarsi una carica molto importante, quella di segretario generale della Commissione, in seguito alle dimissioni forzate del tedesco Martin Selmayr (che non può mantenere il posto, perché due tedeschi alla testa della Commissione sono troppi e poi perché ha scontentato molti, Germania e Francia in testa, favorendo l’azione indipendente della Commissione Juncker, come si è visto con la bocciatura della prevista fusione tra Siemens e Alstom).

In Germania c’è «soddisfazione» da parte della Cdu per l’elezione di una di loro. La successione di von der Leyen al ministero della Difesa è stata affidata da Angela Merkel alla leader Cdu, Annegret Kramp Karrenbauer, un regalo avvelenato perché è una carica molto esposta. L’Spd, che ha votato contro, si è un po’ ammorbidita: potrebbero appoggiarla al voto definitivo d’autunno, se difenderà un’Europa «di pace, libera, viabile, sociale e giusta». I Grünen e Die Linke, invece, hanno sottolineato che il modo in cui è stata scelta – senza rispettare il sistema dello Spitzenkandidat – non è democratico. Pochi entusiasmi in Francia, dove solo una minoranza di eurodeputati ha votato a favore (contro: Verdi, Ps, France Insoumise, Rassemblement national).

Grande soddisfazione invece in Olanda, da parte di Frans Timmermans, che sembra abbia partecipato molto attivamente alla stesura del discorso di Ursula von der Leyen martedì, che ha permesso l’elezione. La presidenza finlandese (fino a fine anno) sembra in fase con le posizioni della nuova presidente.