Quasi contemporaneamente ai primi respingimenti di migranti dalla Grecia in Turchia, i primi 32 siriani sono arrivati ad Hannover, in Germania, con un volo da Ankara, mentre altri 11 sono sbarcati in Finlandia.
All’aeroporto tedesco li ha accolti un cartellone retto da un uomo: «Per favore continuate a fuggire, qui non ci sono alloggi, refugees not welcome». Stupisce invece il tabloid Bild che titola sui primi arrivi “legali” in Germania con un «herzlich willkommen» – benvenuti col cuore. I nuovi arrivati, famiglie, sono stati portati al campo di raccolta di Friedland, e da lì verranno smistati tra più comuni. In tutto la Germania accoglierà 15 mila rifugiati dalla Turchia, un quinto della quota europea. «Un colpo duro contro i trafficanti»ha detto Martin Schulz in un intervista all’ARD. I rifugiati, secondo il presidente del parlamento europeo, verrebbero trattati bene in Turchia, ma bisogna guardarsi in ogni caso da «bassi compromessi», dallo svendere i propri valori. Però, ha proseguito Schulz, bisogna riconoscere che «senza la Turchia non ci può essere una soluzione».
Dure da tempo le critiche delle ong al patto Ue-Turchia. Pro Asyl, la maggiore in Germania ha ribadito ieri: «Si tratta di un atto illegale di disumanità a spese di chi ha bisogno di protezione. Si dà vita a una azione che vuole deliberatamente fungere da esempio negativo. In Grecia non esiste una procedura di asilo funzionante, la Turchia non è un terzo paese sicuro che protegge i rifugiati. Si tratta di espulsioni di massa che aboliscono ogni stato di diritto».
La stessa logica dell’esempio negativo, confini blindati per scoraggiare i migranti a fuggire verso l’Europa “illegalmente” (come se la via legale ci fosse veramente) muove il governo austriaco negli ultimi mesi, che è riuscito a innescare con reazioni a catena il blocco della rotta balcanica. Gli scontri avvenuti domenica al Brennero tra manifestanti «noborders» che protestavano contro la chiusura del confine annunciata dal governo di Vienna e polizia austriaca sono già un programma. All’appello lanciato dal governo italiano all’Austria di partecipare a progetti di fortificazione dei confini esterni dell’Ue anziché insistere su quelli interni non c’è stata per ora nessuna risposta.

Al centro del dibattito politico austriaco sui rifugiati è balzata la questione dello stato sociale. Bisogna introdurre differenze di trattamento tra cittadini austriaci e rifugiati come già accaduto in altri paesi? Sulla questione il governo austriaco è nettamente diviso. I popolari (Oevp) vogliono inserire delle differenziazioni, i socialdemocratici (Spoe) del cancelliere Werner Faymann sono nettamente contrari e per ora sulla questione mantengono la barra dritta. Sul banco degli imputati i popolari mettono la Mindestsicherung, il reddito di cittadinanza da sempre indigesto per loro, tanto più se elargito ai rifugiati, perché provoca «un’esplosione di costi»: a testa 830 euro netti al mese, una famiglia con più figli può anche superare 2000 euro di contributi mensili. In una regione dell’Alta Austria governata dai popolari insieme alla destra estrema della Fpoe di H.C. Strache, il contributo per i rifugiati è stato recentemente ridotto.
In trincea a difesa della parità di trattamento è il comune di Vienna, rosso verde sul quale in realtà gravano le spese più alte. Ieri la giunta e i consiglieri di socialdemocratici e Verdi si sono riuniti per tutta la giornata per discutere della questione rifugiati, e i risultati dell’incontro verranno comunicati oggi. Nella Spoe di Vienna serpeggia una forte insofferenza verso la politica del governo che finora non si è tradotta in critica aperta verso il cancelliere segretario del partito.