«Per qualcuno la violenza non basta, vogliono un morto a Chacao». Per una volta, l’allarme non viene da fonte governativa, ma da un sindaco di opposizione, Ramon Muchacho, che governa il municipio di Chacao, un esclusivo quartiere nella parte est della capitale venezuelana.

Una zona in cui continuano le «guarimbas» (barricate di chiodi, detriti e spazzatura data alle fiamme e filo spinato teso fra un bordo e l’altro della strada). Domenica si sono verificati altri scontri, che hanno provocato una decina di feriti. Dal municipio Chacao è partita anche la marcia di protesta diretta dai leader più oltranzisti dell’opposizione: Maria Corina Machado e Antonio Ledezma, affiancati dalla moglie di Leopoldo Lopez, Lilian Tintori. Il marito, leader del partito Voluntad Popular è in carcere da due mesi con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo.

Con loro hanno sfidato anche gli studenti che continuano a chiedere «la salida», la rinuncia del presidente Nicolas Maduro. Per l’occasione, hanno bruciato in piazza un pupazzo con le fattezze del capo di stato, interpretando in questo modo la tradizione venezuelana di bruciare l’immagine di Giuda durante la settimana santa. In altre parti della capitale, i chavisti hanno bruciato invece dei Giuda che rappresentano figure di opposizione. Piccoli gruppi hanno tenuto alta la tensione anche ieri in diverse parti del paese, bloccando strade e bruciando autobus. Una banda di incappucciati ha preso di mira il Banco venezuelano, provocando seri danni. Finora le violenze hanno fatto registrare 41 morti e oltre 650 feriti.

Il giovane sindaco Muchacho, scavalcato a destra dalle proteste, è uno degli eletti della Mesa de la unidad democratica (Mud) che partecipa ai dialoghi di pace con il governo, sotto l’egida della Unasur e del Vaticano. Domenica in piazza San Pietro, anche papa Bergoglio ha auspicato «che le anime si incamminino verso la riconciliazione e la concordia». E un gruppo di attivisti italo-venezuelani (Anros e l’Associazione Alba) ha srotolato uno striscione in solidarietà con la rivoluzione bolivariana.

Tutte le statistiche dicono che la stragrande maggioranza dei venezuelani appoggia il dialogo tra governo e opposizione. Con i colloqui di pace, i moderati della Mud, finora surclassati dal protagonismo delle componenti oltranziste, stanno conquistando una nuova visibilità. Chiedono più spazi di potere e sperano di zavorrare il modello economico socialista, messo alla prova da un lungo sabotaggio economico e dalla pressione dei poteri forti a livello internazionale.

Se riuscissero a spuntarla – nel paese che possiede le maggiori riserve petrolifere al mondo e che ha rimesso in questione i rapporti di proprietà, più di tutti gli altri governi progressisti dell’America latina che scommettono sul socialismo del XXI secolo -, vi sarebbero enormi ripercussioni in tutta la regione. Oggi, Maduro illustrerà i termini dell’«offensiva economica per incrementare la produzione, la crescita e il pieno rifornimento a prezzo giusto».

Intanto, continuano le ispezioni alle grandi catene commerciali per valutare la corretta applicazione della Ley organica de Precios Justos, entrata in vigore il 24 gennaio scorso «per proteggere il salario dei cittadini dall’usura e dalla speculazione. Una legge che ha aumentato il gradimento di Maduro (oggi a più del 50%), ma che ha anche accelerato l’offensiva dei poteri forti, presentata dai grandi media come protesta studentesca contro la crisi, l’insicurezza e i problemi economici.

«In Venezuela non c’è fame come ai tempi della IV Repubblica», ha detto Elias Eljuri, presidente dell’Istituto nazionale di statistica (Ine). Aver destinato ai progetti sociali oltre il 64% degli introiti ha portato innegabili benefici a tutta la popolazione, che attualmente consuma 2.285 calorie al giorno pro capite. La povertà strutturale oggi è al 5,5%. Il governo controlla il 64% di 14 alimenti base, venduti a basso costo nella più grande rete di stribuzione alimentare che è di stato. Le imprese private hanno però il controllo della produzione, inoltre quasi il 30% dei prodotti nazionali finisce nel contrabbando verso la Colombia.

Un business multimilionario che motiva le mafie e i paramilitari a tener viva la violenza negli stati di confine. In questo quadro, è probabile che, fallito il progetto «guarimbero», gli oltranzisti e chi li guida decidano di passare a una seconda fase di terrorismo e omicidi selettivi. Da qui l’allarme del sindaco Muchacho.