Dopo lo scandalo Nsa, non sorprende più di tanto quanto emerso da un report della multinazionale telefonica Vodafone, secondo il quale alcuni governi, in alcuni Stati, avrebbero il controllo diretto sulle conversazioni e sui metadati degli utenti. Nel report di Vodafone, si legge che nella «maggior parte dei paesi, Vodafone mantiene il pieno controllo operativo sull’infrastruttura tecnica utilizzata per consentire un’intercettazione legale sulla base di una richiesta avanzata in da una agenzia o da un’autorità. Tuttavia, in un piccolo numero di paesi, la legge impone che alcune agenzie e autorità specifiche debbano avere accesso diretto alla rete di un operatore, bypassando qualsiasi forma di controllo operativo da parte dell’operatore sull’intercettazione».

L’Italia sarebbe il paese con più richieste, legali, alla compagnia telefonica per controllare gli utenti. Torna quindi dirompente la questione dei metadati, spesso sottovalutati o considerati marginali e invece decisamente più in grado di «sorvegliare». anche più di una telefonata registrata. I metadati infatti consentono di tracciare le chiamate in uscita, in entrata, la durata, la frequenza (ugualmente accade nel caso delle mail, ad esempio, come dimostrato dal Datagate).

Dai dati pubblicati nel Law Enforcement Disclosure Report di Vodafone, la cui esistenza è stata pubblicata ieri dal quotidiano The Guardian, emerge che in Italia nel 2013 l’operatore telefonico ha ricevuto 605.601 richieste di dati da parte delle autorità. La cifra è contenuta nella sezione del rapporto dedicata ai singoli paesi. Nel documento si precisa che il ministro italiano della Giustizia pubblica le statistiche relative al numero di domande di intercettazioni legali avanzate dalle autorità. Secondo quanto ha scritto il Guardian con poco meno di 606mila richieste l’Italia si situa al top per numero di richieste legali di dati tra i paesi analizzati. Al di là della specificità italiana, dove in ogni caso le autorità risultano aver sempre chiesto un’autorizzazione ad ottenere quel tipo di dati, dal rapporto emergerebbe invece un’attitudine a prendersi i dati, senza alcuna procedura legale.

«I nostri clienti – sottolinea la società nel Report- hanno diritto alla privacy come sancita dalla legge e dagli standard internazionali sui diritti umani», ma specifica anche che e realizzata attraverso le leggi nazionali. L’operatore di telecomunicazione infine sottolinea che «il rifiuto di rispettare le leggi di un paese non è un’opzione. Se non rispettiamo una richiesta legittima di assistenza, i governi possono toglierci la licenza di operare».