La vita di molte persone è caratterizzata dalla gestione dei sentimenti attraverso i farmaci, dalle pillole per dormire ai narcotici pesanti. La chimica è diventata parte di noi e non riusciamo a vedere quanto ci abbia cambiato. Non siamo solo sottoposti ai poteri che decidono delle nostre vite, anche le nostre emozioni sono demandate alla stimolazione chimica. Eppure non capiamo perché le sostanze che assumiamo non siano in grado di liberarci dalla fatica e dalla depressione, dalla mancanza di desiderio che caratterizza la nostra condizione psicopolitica. Pablito ed Drito nel suo originalissimo Diversamente pusher. I battitori liberi dello spaccio si raccontano (pp. 160, 14 euro), appena uscito per le edizioni Agenzia X, va oltre questa analisi raccontando un mondo che non è mai stato raccontato, quello dell’«autogestione» dello sballo, dai giri amicali al dark web. I protagonisti di Diversamente pusher sono donne e uomini che cercano di aggirare i sistemi mafiosi. Soggetti che preferiscono rapporti ispirati a modelli più umani, mutuati dalla prassi delle controculture e delle economie alternative. Esperienze interessanti anche perché si contrappongono all’immaginario creato e manovrato dalle grandi aziende dell’intrattenimento e del narcocapitalismo.

È NOTA LA CONTRADDIZIONE delle politiche proibizionistiche, che vietano la circolazione di determinate sostanze in favore di altre, nonostante il dichiarato proposito di tutelare la salute delle persone e di evitare comportamenti autolesionistici. È reso illegale il consumo delle «droghe» (suddivise in una rabberciata ripartizione tra «pesanti» e «leggere», o addirittura tutte confuse in un unico novero). Sono però legali alcolici, tabacco, videogiochi d’azzardo, psicofarmaci. Crea dipendenza fra l’altro anche la tecnologia che usiamo quotidianamente.
È un po’ meno noto il fatto che il delta-9-tetraidrocannabinolo, principio attivo della Cannabis, in numerose ricerche di ambito accademico, pubblicate in autorevoli riviste scientifiche, sta rivelandosi utile a fini terapeutici in una serie di numerose patologie peraltro diverse tra loro. C’è chi utilizza la Cannabis, dunque, non necessariamente fumandola, e non per forza per scopi «ludici». È poco conosciuto il fatto che già negli Stati uniti, una delle misure adottate per annientare il Partito delle Pantere nere, è stata tollerare lo spaccio di sostanze stupefacenti, colpendo proprio il sottoproletariato afroamericano, che quell’organizzazione attraeva.

ANCHE NELL’ITALIA della fine degli anni Settanta, un periodo cruciale per i movimenti antagonisti, la diffusione dell’eroina ha falcidiato moltissimi giovani. Oggi lo spaccio continua e riguarda classi sociali e generazioni diverse, mediante un settore di mercato vero e proprio, non differente da molti altri per persone coinvolte e «volume d’affari». Nel nuovo contesto, i più poveri subiscono le conseguenze della fruizione di prodotti a bassissimo costo, poiché acquistano sostanze pericolosamente adulterate.

La condizione di alcuni spacciatori che decidono deliberatamente di percorrere una strada che possa essere definita «etica» non era mai stata raccontata. Lavorano autonomamente dalle organizzazioni criminali. Respingono la logica dello spacciatore legato a gruppi mafiosi, che fornisce di proposito ai propri clienti «droga che svuota le tasche», perché li porterà alla dipendenza, «roba» che li condurrà presto o tardi alla morte. Selezionano innanzitutto il tipo di sostanze da vendere e scelgono le persone da cui rifornirsi (tenutari di piccolissimi laboratori): ciò implicherà non concorrere con «il giro» che intendono evitare; effettuano esami sui campioni di merce seguendo criteri in qualche modo scientifici, e spesso provandola per primi.

Questi sono gli argomenti trattati in questo saggio, che distilla un segmento di storia mai scritta, con testimonianze dirette, corredate da una esaustiva introduzione, un repertorio di fonti specifiche e un glossario per decodificare una parte del gergo inevitabilmente prodotto da una cultura sotterranea e clandestina.