«Mantenuti», nababbi», «dis-onorevoli», «parassiti», «si vadano a nascondere». È il vice presidente del Consiglio che scrive (su facebook) e ce l’ha con gli ex deputati che stanno decidendo di fare ricorso contro la delibera dell’ufficio di presidenza della camera del 12 luglio scorso. Quella che ha applicato retroattivamente il sistema di calcolo contributivo ai vitalizi, tagliandoli in misura variabile dall’1 al 90 per cento. Sono molti i ricorrenti che si stanno rivolgendo per lo più a cinque studi di avvocati, due dei quali guidati da ex parlamentari (Paniz e Besostri); si stima che entro i primi giorni di ottobre circa ottocento ex parlamentari colpiti dal taglio (sono in totale 2.600 compresi i coniugi superstiti che riscuotono l’assegno di reversibilità) avranno presentato ricorso – solo gli ex deputati, s’intende, perché il senato non ha ancora adottato alcuna decisione. La notizia ha provocato la reazione scomposta di Luigi Di Maio.

Tanto scomposta – «continuano a essere mantenuti a vita dallo stato come fossero dei nababbi… bisogna decidere da che parte stare, da quella dei cittadini oppure dei parassiti… consiglio a questi vitalizio-dipendenti di andarsi a nascondere il più lontano possibile, non conoscono la vergogna» – che l’Associazione ex parlamentari sta pensando di querelarlo. «Di Maio governa con un partito condannato per truffa ai danni dello stato – ha detto il presidente dell’associazione Falomi – e pretende che gli ex deputati che non hanno rubato nulla non chiedano una verifica sulla legalità e la costituzionalità della delibera». Di Maio dice anche che «i ricorsi non ci spaventano», un po’ di tempo fa aveva detto anche di peggio. Il 26 luglio aveva spiegato in tv che i ricorsi, che già allora dava per scontati, sarebbero stati esaminati dal consiglio di giurisdizione della camera «un organo interno che ha la stessa sensibilità di chi ha tagliato i vitalizi». Più che alla famosa “autodichia” di cui godono le camere, la fiducia del vice presidente del Consiglio è riposta in una giustizia “domestica”. E ben si capisce, visto che nel consiglio ci sono due deputate di maggioranza (M5S e Lega) e uno di minoranza (Pd). Ragione per cui i ricorrenti fanno affidamento soprattutto sul secondo grado interno, visto che nel collegio di appello gli equilibri potrebbero essere spostati dal voto di Fratelli d’Italia (gli altri rappresentanti sono di M5S, Lega, Pd e Forza Italia). E soprattutto sulla Cassazione, una volta esaurita la giurisdizione autonoma della camera dei deputati.

Quattro sono i principi generali che ispirano la gran parte dei ricorsi, riguardano la natura dell’assegno di vitalizio – che non sarebbe assimilabile, sulla scorta di alcune sentenze della Consulta, con le pensioni; la competenza dell’ufficio di presidenza sulla materia – competenza recentemente messa in discussione da un parere del Consiglio di Stato; la retroattività del taglio – che pare violare il diritto alle «aspettative legittime» e infine i criteri del ricalcolo. In molti casi (soprattutto per quanto riguarda i titolari di assegno di reversibilità, ma non solo) il taglio è tale da provocare certamente quel «pregiudizio irragionevole» che secondo il Consiglio di stato non può essere ammesso.
I tagli saranno effettivi dal prossimo 1 gennaio, il senato dunque non ha molto tempo per adeguarsi alla camera. Il presidente Fico ieri ha difeso la sua delibera «fatta nell’interesse del popolo italiano». Ma quanto ai ricorsi, al contrario di Di Maio, ha riconosciuto che «presentarli è un diritto».