Visioni ribelli di architetti
Mostra Al Pac di Milano, una grande rassegna guarda all'esperienza del collettivo fiorentino Superstudio, a partire dal «Monumento Continuo»
Mostra Al Pac di Milano, una grande rassegna guarda all'esperienza del collettivo fiorentino Superstudio, a partire dal «Monumento Continuo»
Nel 2008 il gruppo Archizoom espone le sue opere nelle sale ipogee dell’Ospedale degli Innocenti a Firenze, dimostrando, ancora una volta quanto l’architettura radicale sia stata e sia tuttora fastidiosa per i burocrati direttori di musei. Il Padiglione d’arte contemporanea di Milano, progettato e realizzato da Ignazio Gardella nel 1954, ospita fino al 30 gennaio 2016 la rassegna Super Superstudio, a cura di Andreas Angelidakis, Vittorio Pizzigoni e Valter Scelsi. Milano, dunque, e non Firenze dove non è mai stata fatta una mostra complessiva sulla neoavanguardia architettonica, si ripropone come luogo aperto alla cultura radicale come dimostra la recente antologica di Ugo La Pietra in Triennale.
L’esposizione esibisce, in modo convincente, le ricerche del Superstudio fondato a Firenze nel 1966 da Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Roberto e Alessandro Magris, Gian Piero Frassinelli e, in modo meno convincente, gli artisti selezionati per creare quel legame col contemporaneo dal quale l’opera del Superstudio esce ancora oggi forte e coerente.
Ma facciamo un passo indietro. È il 1966: a Firenze imperversa l’alluvione e le sue foto «ci restituiscono una città molto diversa dalla visione storica – afferma Toraldo di Francia – con i suoi monumenti immersi in un fluido. C’erano queste strane striature nere insieme alla fanghiglia dell’Arno e una situazione dinamica che immediatamente separava la scatola architettonica, il monumento, dalla sua base per cui la tettonica veniva messa in discussione da queste immagini». Così questo cambiamento iconografico della città suggerisce ai giovani architetti una rivoluzione linguistica che viene ripresa nel progetto del ’72 Italia Vostra. Salviamo i centri storici italiani. Qui i fotomontaggi dell’alluvione dimostrano la tesi che per salvare le città c’è solo la loro distruzione «la sterilizzazione totale di quell’organismo che, nato per essere la casa dell’uomo, ne è diventato prigione e sepolcro». La proposta provocatoria per Firenze consiste nel realizzare un’alluvione permanente i cui vantaggi sono il ripristino della situazione geologica pliocenica, realizzando un evento capace di attrarre i turisti. Una situazione che ha prefigurato le recenti inondazioni che sempre più con intensità colpiscono le nostre città. Così, oggi, quelle immagini dei fotomontaggi sono parte della nostra quotidiana iconografia.
Ma il 1966 è l’anno in cui si fonda la Superarchitettura, altro termine per definire l’architettura radicale, l’omonima duplice mostra di Pistoia e Modena, realizzata insieme agli Archizoom dove per la prima volta vengono presentate le sperimentazioni del design pop. Al Pac, il display messo in atto da Baukuh e Scelsi è la ricostruzione di un frammento del Monumento Continuo che dialoga con l’architettura di Gardella e delimita la parte dedicata agli oggetti di design e gli environments, dagli Istogrammi, collocati nell’ala verso il parco, così da creare una relazione tra interno ed esterno, mediata solo dalla superficie vetrata.
La superficie è la matrice che identifica la ricerca del collettivo fiorentino. Nel Monumento Continuo (’69) si piega e diventa volume omogeneo che attraversa i paesaggi e fa «esplodere il rapporto città/campagna – continua Toraldo – natura/architettura, in cui i limiti non sono così definiti. Il Monumento continuo è la fine di un’epoca, il passato e non il futuro». Invece, nella Supersuperficie (’72) quest’ultima si fa terra con un reticolo cartesiano quadrettato che rappresenta una serie di situazioni di vita: dalle pulizie di primavera a gruppi di famiglie hippie che fanno il pic-nic. Il tema della superficie è strettamente correlata al modulo cartesiano quadrettato su fondo bianco che ritroviamo sia nel Monumento continuo, sia nei progetti degli Istogrammi e di Quaderna.
Gli Istogrammi (’69) sono elementi modulari che si compongono in varie funzioni il cui upgrade è Quaderna (1970), tavoli, letti, mobili prodotti per Zanotta. Come se gli Istogrammi fossero gli elementi base, i mattoni, del coevo Monumento Continuo. Questo uso della parola «continuo» determina una coerenza linguistica che va a inserirsi in una galassia eterogenea di progetti di altri gruppi a partire dai loro compagni di viaggio, gli Archizoom.
L’occasione milanese consente una visione complessiva della ricerca di Superstudio, senza però attivare nessuna contestualizzazione storica, né creare analogie con altri gruppi importanti per la loro educazione, come gli inglesi Archigram e la cultura pop di Eduardo Paolozzi e Richard Hamilton. Non contestualizza neanche il rapporto tra il gruppo e alcuni protagonisti della scena politica fiorentina: il sindaco La Pira, i preti-operai, il Partito d’Azione (con la figura di Piero Calamandrei); soprattutto, il rapporto con i Quaderni Rossi di Mario Tronti «e la messa in discussione dei rapporti gerarchici tra sindacato e movimento operaio. Una situazione che condizionò le premesse e l’humus delle nostre iniziative successive». Per la prima volta nel catalogo della mostra è pubblicata, in un atto «continuo», l’antologia dei testi più significativi del collettivo Superstudio. Nonostante i contributi dei curatori non siano saggi critici, il catalogo diventa comunque uno strumento scientifico in virtù della presenza dei testi storici.
Negli ultimi dieci anni sono state molte le ricerche sull’architettura radicale, i libri prodotti, le conferenze; manca ancora una contestualizzazione storiografica che collochi il movimento delle neo-avanguardie, non solo in Italia, all’interno di un palinsesto storico-critico. Una storia dell’architettura non convenzionale che comprenda molti dei protagonisti della seconda metà del Novecento: Price, Archigram, Ant Farm, Constant, Soleri, Friedman, Haus Rucker-Co, Utopie, Giorgini, Galvagni, Hausermann, Parent. Protagonisti di un modo sperimentale e innovativo di fare architettura dai quali oggi occorre ripartire per nuove utopie realizzabili.
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