Banca d’Italia rassicura sul sistema del credito nel nostro Paese, ma per affrontare e possibilmente evitare nuovi casi come quelli delle quattro banche chiede una riforma del sistema, a partire dalla revisione delle stesse regole europee entrate da poco in vigore, quelle che hanno introdotto il cosiddetto bail-in. Il governatore della banca centrale italiana, Ignazio Visco, ieri ha difeso, nel suo intervento al Forex, l’attività di Vigilanza. E ha auspicato anche un maggiore sforzo della politica e del governo per sostenere la crescita: perché la crisi è stata una delle cause dell’esplosione dei “crediti deteriorati” detenuti nella pancia degli istituti.

Alla richiesta di modifica arriva però in serata il no della Commissione Ue: «Non ci sono piani di cambiare la Brrd». «La direttiva – ha detto un funzionario – è stata adottata nel 2014 con il consenso di una stragrande maggioranza al Parlamento europeo e con l’accordo unanime degli stati membri. Da un anno e mezzo si sa che il bail-in dei creditori avrebbe protetto i contribuenti».

Su Cariferrara, Carichieti, Banca Marche e Banca Etruria, «la sequenza degli interventi» adottati è stata posta in atto «come in tutti gli altri casi, circa 100, affrontati negli ultimi 15 anni». Ancora, la svalutazione delle sofferenze delle quattro banche è stata determinata «non in modo discrezionale, ma in base a precise norme europee. Non c’erano alternative concrete» alla risoluzione, tranne quella «ben più traumatica, della messa in liquidazione».

Insomma, in base alle nuove regole Ue, non si sarebbe potuto agire in modo differente, anche perché – spiega sempre Visco – «non è stato possibile fare ricorso al Fondo interbancario, perché nell’interpretazione della Commissione europea gli interventi del Fondo, ancorché effettuati con risorse delle banche partecipanti, sarebbero assimilabili ad aiuti di Stato e come tali erogabili soltanto previa imposizione di perdite a carico di azionisti e creditori subordinati».

E infatti così è andata: per tutelare la salvezza stessa delle banche e dei depositi, si sono dovuti sacrificare azionisti e obbligazionisti. Ma nell’affrontare questa vicenda si è scontata anche la fretta impressa dalla Ue nell’adozione delle nuove regole, mentre al contrario, «nel corso dei lavori tecnici per la definizione della direttiva il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia sostennero, senza trovare il necessario consenso, che un’applicazione immediata e, soprattutto, retroattiva dei meccanismi di burden sharing fino al 2015 e, successivamente, del bail-in avrebbe potuto comportare rischi».

Sarebbe stata utile, insomma, «una fase transitoria», anche rispetto ai clienti che avevano acquistato quei titoli: perché in passato, al momento di comprarli, non potevano sapere che poi le regole sarebbero cambiate.

A questo punto ci sono almento due vie da percorrere. La prima: l’Italia dovrebbe chiedere la «revisione, da avviare entro giugno 2018» della direttiva Ue che prevede il bail-in. Secondo il governatore della Banca d’Italia la stessa norma «contiene una clausola che prevede la revisione», «occasione che va sfruttata, facendo tesoro dell’esperienza».

Ma anche le banche possono fare qualcosa, non solo per evitare la fuga degli investitori – spaventati dal trattamento ricevuto dalle ormai famose quattro – ma più in generale per tutelare meglio i propri clienti: creare un ulteriore fondo volontario per la gestione delle crisi, «aggiuntivo rispetto ai sistemi obbligatori di garanzia dei depositanti». I costi verrebbero «compensati dai benefici che ne trarrebbero tutte le banche grazie alla rafforzata fiducia della clientela».

Quanto al caso delle quattro banche, il governatore ha ricordato che «il Parlamento ha recentemente disposto l’istituzione di un Fondo di solidarietà interamente a carico del sistema bancario per erogare indennizzi a investitori che detenevano obbligazioni subordinate», e ha assicurato la collaborazione di Bankitalia, ribadendo la disponibilità a riferire in tutte le sedi competenti sull’attività di vigilanza svolta.

Infine la rassicurazione: «Le banche italiane sono ben patrimonializzate, anche grazie all’azione prudente e pressante della vigilanza. I crediti deteriorati sono ampiamente coperti da svalutazioni e garanzie. Non ci saranno nuove richieste di maggiori accantonamenti o di rafforzamento patrimoniale».

E il Pil italiano? «Potrebbe crescere attorno all’1,5% nel 2016 e nel 2017», purché si rafforzino domanda interna e investimenti.