Con 8.585 nuovi positivi su 68.681 tamponi nelle ultime 24 ore (rapporto del 12,49%) la curva dei contagi da Sars-Cov-2 scende leggermente rispetto all’altro ieri quando, con poco meno di 60 mila test, si contavano 8.913 nuovi casi e il rapporto tra i due dati si attestava al 14,88%. Il numero dei morti invece cresce nettamente: 445, mentre il giorno prima sono state registrate 305 vittime del Coronavirus.

Ma, mentre già slitta per il maltempo l’arrivo in Italia del cargo da 470 mila dosi di vaccino, ed entra nel vivo la polemica riguardo l’obbligatorietà della vaccinazione, almeno per quanto riguarda medici, infermieri e operatori sanitari del pubblico servizio, il presidente della Società italiana di Virologia, Arnaldo Caruso, rivela all’Adnkronos la presenza già da agosto scorso nel nostro Paese di una variante “autoctona”, addirittura precedente a quella inglese recentemente scoperta. Una «variante italiana» individuata a Brescia, dove il prof. Caruso dirige il laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili, «che – spiega lo scienziato – precede la variante emersa solo a fine settembre nel Regno Unito per poi diffondersi in Europa, Italia inclusa, e potrebbe anche esserne un precursore».

LA VARIANTE ITALIANA del Coronavirus presenterebbe diversi punti di mutazione della proteina Spike, in numero maggiore rispetto alla variante inglese. Il che, aggiunge Caruso, «la rende leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo». Anche se, sottolinea il docente dell’università di Brescia, teoricamente il vaccino Pfizer-BioNtech, così come tutti gli altri vaccini in via di approvazione e commercializzazione, dovrebbe mantenere la sua efficacia. «Il vaccino – riferisce Caruso – genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike», perciò «anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata», ce ne sarebbero «sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina».

C’È PERÒ CHI IL VACCINO lo rifiuta a priori, perfino tra coloro che svolgono lavori presumibilmente incompatibili con atteggiamenti anti-scientifici. Molti medici, infermieri e operatori sanitari infatti si sono detti indisponibili a sottoporsi alla vaccinazione. Perfino alcuni che operano nel servizio pubblico o nelle Residenze assistite per anziani. Si inizia a discutere allora di obbligatorietà e di «passaporto sanitario. «In questo momento cominciare a parlare di obbligo farebbe un danno ma – commenta la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa intervistata da Rai3 – credo che fare il vaccino debba essere una precondizione per chi lavora nel pubblico. Abbiamo deciso che a scuola chi non è vaccinato non può andare, credo valga anche per operatori sanitari e insegnanti».

ADDIRITTURA NEL LAZIO 10 medici sono stati sottoposti a richiami da parte dell’Ordine e tre a sanzioni disciplinari per aver espresso posizioni negazioniste o contrarie alla vaccinazione anti-Covid durante alcune trasmissioni televisive locali e sui social. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri però minimizza: «Stiamo parlano di pochissimi colleghi – afferma il presidente Filippo Anelli – La stima che facciamo, perché non c’è un dato esatto, è che ci sia un caso ogni Ordine provinciale, quindi un centinaio di medici no-vax su 460 mila camici bianchi. Ma dobbiamo essere chiari – aggiunge il responsabile Fnomceo – l’ambito deontologico del medico prevede il dovere di tutelare la salute e l’integrità psico-fisica come bene fondamentale dell’uomo. Questo ieri era esercitato utilizzando gli strumenti di protezione individuali e oggi nell’emergenza Covid-19 a questi si aggiunge un’arma più potente, il vaccino. Usarlo è un dovere ed è previsto, appunto, dal codice deontologico che ogni medico conosce».

TANTO PIÙ se nell’ultimo mese si sono infettati ben 17 mila sanitari e 90 mila dall’inizio della pandemia.