La riforma della giustizia cambia ma non troppo. Quel tanto necessario per consentire a tutti di rivendicare una vittoria e giustificare il voto di fiducia, nei primi giorni della prossima settimana. Il Pd ottiene la norma transitoria che era il suo cavallo di battaglia: per i primi tre anni, sino al 2024, i termini per l’improcedibilità saranno prolungati da 2 a 3 anni in appello e da 12 a18 mesi in Cassazione. Sarà possibile chiedere un ulteriore anno di proroga in appello e altri 6 mesi in Cassazione. A chiedere la proroga dovrà essere il giudice, in base alla complessità del processo o all’elevato numero delle parti coinvolte, con ordinanza contro la quale si potrà ricorrere in Cassazione. La capogruppo Pd Debora Serracchiani esulta: «Valutiamo con soddisfazione che la richiesta di maggiore gradualità sia stata condivisa dalla maggioranza e fatta propria dal governo». Ma su questo fronte non ci sono mai stati grossi problemi.

TUTT’ALTRA musica con i 5S. Lì di problemi ce ne sono stati eccome, tanti da spingere il ministro Patuanelli, in continuo contatto con Conte, a minacciare l’astensione, sentendosi rispondere da Draghi che l’ipotesi era inaccettabile. Tanti da innescare un confronto diretto piuttosto duro tra il futuro leader, favorevole in mattinata all’astensione, e Di Maio: «Se ci asteniamo in cdm poi dobbiamo farlo anche sulla fiducia e quel punto diventiamo come FdI«». La trincea dei 5S, decisa da Conte, era il primo comma dell’art.416, quello che riguarda i reati di mafia. Nella bozza presentata in mattinata dal governo era previsto lo stralcio dell’improcedibilità per il secondo e terzo comma, quelli sull’associazione mafiosa e sul voto di scambio ma non sul primo, quello sul concorso esterno e l’aggravante mafiosa. Fattispecie di reato impalpabili, che concedono ai pm la facoltà di distribuire imputazioni di mafia più o meno a piacimento.

I 5S SI SONO impuntati aggiungendo un cospicuo pacchetto di richieste, in particolare la cancellazione degli indirizzi annuali del Parlamento sui criteri in base ai quali decidere le priorità dei reati da perseguire e il raddoppio dei tempi, da 2 a 4 anni per i reati contro la Pubblica amministrazione. Il governo ha bocciato le ulteriori richieste. La Lega ha resistito sul concorso esterno. Alla fine la mediazione è di quelle misurate col bilancino. Per i reati ai sensi del 416 bis e ter il giudice può prorogare di anno in anno all’infinito, sempre con decisione motivata e passibile di ricorso. Per quelli che rientrano nella sfera del primo comma, invece le proroghe possono essere solo due. Conte, alla fine si dichiara soddisfatto: «Non è la nostra riforma ma l’abbiamo migliorata. Abbiamo detto che su mafia e terrorismo non si può transigere e l’abbiamo ottenuto. Sono fiducioso sulla compattezza del M5S in aula». Senza risparmiasi una frecciata al curaro contro la Lega: «Spiace che abbia resistito sui reati di mafia».

LA LEGA PORTA a casa l’improcedibilità cancellata per la violenza sessuale e il traffico di stupefacenti, anche se qui bisognerà vedere i particolari. La ministra Cartabia ha parlato infatti di «traffico internazionale» e dunque la mannaia del fine processo mai non dovrebbe abbattersi anche sul piccolo traffico. In ogni caso, il Carroccio risponde per le rime: «Tutte falsità. Sono a lutto per il superamento della Bonafede». Nota dolentissima per i 5S sulla quale martellano anche per Iv e Fi, ma senza smuovere Conte che il punto della bandiera lo ha ottenuto e si accontenta.

TUTTI SODDISFATTI. Tutti impegnati a mitragliare commenti trionfalistici, sottolineando ciascuno quanto sia invece andata malissimo alla controparte. In concreto significa che c’è un solo vincitore: Mario Draghi. Voleva che il testo della riforma, che a questo punto andrà in aula domenica, fosse condiviso da tutti, senza astensioni. Ha ottenuto il risultato dopo ore di trattative frenetiche. Riunioni del cdm, della commissione Giustizia, della conferenza dei capigruppo di Montecitorio iniziate in ritardo, sospese, riprese a singhiozzo, interrotte di nuovo, mentre dal plenum del Csm arrivavano in successione prima la bordata durissima sulla prescrizione poi la bocciatura, altrettanto drastica dell’intera riforma. Alla fine Draghi l’ha spuntata ma, come sempre quando si moltiplicano le mediazioni, a prezzo di qualche vistosa irrazionalità. Come quella per cui la prescrizione per reati aleatori come il traffico d’influenze non c’è. Per il disastro ambientale invece sì.