Sagre Balere di Alessandro Stevanon lascia dietro di sé l’impronta emotiva di una platea estiva, sedie bianche di plastica vuote, in attesa. Il battito dolcemente sferzante del sole e del vento, festoni colorati come riflessi sonori e un palco all’aperto da ricoprire al volo in caso di pioggia, “anziani che ballano al ritmo” di fisarmoniche. Questi i riti prima che canti Omar Codazzi, “stornellante” beniamino di folle danzanti del nord Italia, di signore d’età fan affettuosissime (saluto con tre baci come usa lì per augurare la buona sorte): lui, completo bianco, collana d’oro e croce, capello biondo gellato, viso da ragazzo cresciuto, sa le storie di ognuna, i figli, i nipoti, le operazioni di cataratta.

A Bellaria, al #BFF35 diretto da Simone Bruscia – il finale lo scorso 28 maggio – visioni atmosfere sentori retrogusti si compenetrano in un unico flusso, sogno o forse dormiveglia pomeridiano a occhi socchiusi su spiagge ancora solo punteggiate di presenza umana. Così Sagre Balere, vincitore del concorso Italia Doc (il premio Paolo Volpi a See you in Texas di Vito Palmieri), si mischia alla penombra piacevole dei platani in centro, e i divanetti ora sgargianti ora stinti delle sue dancing hall alle insegne di certi negozi rimasti impigliati nei primi ‘80, gli stessi in cui vedeva la luce il festival (nell’‘83), nome di battesimo Anteprima per il cinema indipendente italiano. E così come il documentario di Stevanon interseca il dialogo col qui e ora del suo protagonista – la vita in camper con la moglie, il lungo rapporto con radio Zeta e il suo mentore, la dieta, gli scambi con gli anziani volontari che gli danno una mano – a frammenti homemovie di passato: il matrimonio dei genitori, i primi concerti, la figlia da bambina e la sua protesta per avere il padre tutto per sé, così Bellaria ha reso omaggio ad Alberto Farassino, uno dei suoi padri più amati, ritratto con Goffredo Fofi in una delle foto vintage in mostra al cinema Smeraldo (con Ghezzi giovanissimo in espadrillas), grazie anche alla testimonianza della moglie del critico, Flavia Pedroni Farassino e alle note spietatamente vivificanti di Tatti Sanguineti, amico di una vita.

Umori malinconici e propulsivi come quelli che attraversano Sagre Balere (con il vincitore della sezione Casa Rossa Art Doc, Hidden photos di Davide Grotta e con Tomba del Tuffatore di Yan Cheng e Federico Francioni, menzione Paolo Rosa, sarà nella versione romana della rassegna dall’8 all’11 giugno al cinema Farnese), dove convivono la vitalità ancora “incontaminata” di una parte d’Italia, come ha scritto la giuria, “marginalizzata dalla cultura alta”, un fenomeno culturale da oltre un milione di appassionati e precognizioni di chiusure, linee calanti.

Lo stesso spirito che ritorna nel camera car che si allontana, comprendendola, dalla casa di campagna di un artista internazionale della fotografia. Allora siamo in Guido Guidi cose da nulla di Agostino Cordelli e Daniele Pezzi, struggente ossequio alla poetica dei dettagli in apparenza irrilevanti di Guidi e all’arte del ‘900, così lontana eppure così viva.