Come ampiamente pronosticato e confermato dagli exit poll subito dopo la chiusura dei seggi, Moon Jae-in è il nuovo presidente della Corea del Sud. La sua vittoria rompe nove anni di governi conservatori e potrebbe significare molto negli equilibri regionali asiatici.

Mentre scriviamo lo spoglio delle schede è circa al 50% (si completerà nella prima mattinata coreana, la nostra notte) ma non ci sono dubbi sull’esito finale, tanto che i rivali hanno già ammesso la sconfitta.

IL DEMOCRATICO E AVVOCATO per i diritti umani ha ottenuto il 40% dei consensi (secondo gli exit poll, oltre il 50% degli under 30 ha votato per lui), mentre i suoi due rivali, il conservatore Hong Joon-pyo e il centrista Ahn Cheol Soo, sono al 26,6 e al 20%.

Ora l’attenzione di tutta l’Asia sarà sul nuovo presidente che potrà contare sui 119 seggi all’Assemblea nazionale: si tratta del più alto numero di deputati per un unico partito, ma non è sufficiente a raggiungere la maggioranza (su 299).

Quindi – come già affermato in campagna elettorale – Moon dovrà disegnare il suo governo unendo «progressisti e conservatori riformisti».

A questo proposito, Moon e il suo entourage non hanno fatto trapelare alcun nome potenziale sulla composizione del prossimo governo, mentre sono chiari gli ambiti sui quali il prossimo esecutivo dovrà misurarsi: relazione con la Corea del Nord, equilibrio con Stati uniti e Cina, la gestione dei conglomerati industriali, i chaebol, ricette per l’economia e il lavoro.

QUANTO AI VICINI oltre il 38° parallelo, il neo presidente ha promesso di voler ricominciare un dialogo capace di trovare una soluzione diplomatica alla crisi. Si è parlato anche di riunificazione, ma per adesso Moon si concentrerà su due elementi: la necessità di ristabilire rapporti ufficiali con Kim Jong-un e la possibilità, sanzioni permettendo, di riaprire quel canale di cooperazione economica costituito dal complesso industriale di Kaesong.

A questo riguardo la Cina per prima si aspetta un importante contributo diplomatico da parte di Seul, insieme a un riavvicinamento che potrebbe avvenire a scapito degli Usa.

SUL THAAD e le relazioni con Washington, Moon è stato infatti altrettanto chiaro: tutto deve essere ridiscusso con il nuovo esecutivo e chissà non ci possano essere sorprese gradite alla Cina (per quanto a livello popolare Pechino non sia per niente apprezzata in Corea del Sud).

Nel suo libro Moon ha specificato che metterà al primo posto «l’interesse nazionale coreano», facendo intendere che i desideri di Washington saranno considerati in secondo piano. Moon ha espresso la volontà di aprire un dialogo anche con Giappone e Russia.

Ci sono poi gli aspetti interni più rilevanti, collegati alle questioni nazionali all’ordine del giorno e che hanno finito per portare a votare Moon tanti giovani, gli stessi che avevano contestato l’ex presidente Park. Quanto ai chaebol, Moon ha promesso una riforma in senso democratico e di maggior trasparenza dei colossi economici sud coreani che passano di mano in mano di padre in figlio.

Si tratterà di una prima cartina di tornasole del vero potere in mano a Moon, trattandosi di un argomento quasi tabù in Corea. Quanto all’economia, ha promesso 500mila nuovi posti di lavoro all’anno nel settore del welfare pubblico e espresso la volontà di aumentare il salario minimo orario entro il 2020 a 10mila won, ovvero poco più di 8 euro, rispetto agli attuali 6mila won.

Un particolare apparentemente di «costume» ma molto significativo in questi tempi di contestazione verso la politica, anche in Corea, è poi la decisione annunciata dal nuovo presidente di utilizzare come sede di lavoro un posto nel centro di Seul, anziché «segregarsi nella solitudine» della Casa blu, luogo tradizionale di lavoro del presidente sud coreano.

IERI SERA MOON ha effettuato dichiarazioni da vincitore: «Sarò il presidente di tutti i coreani», ha detto specificando che la sua vittoria costituisce «il segnale del disperato desiderio della gente per il cambio di governo: abbiamo fatto il massimo per aiutare a realizzare questa aspirazione della gente e credo che questa sia stata la spinta che ci ha permesso la vittoria oggi. Costruirò una grande nazione. Renderò grande e orgogliosa la Corea. E sarò il presidente orgoglioso di questa nazione orgogliosa».