Majid Faraj. Leggendo questo nome avete il diritto di parafrasare la lapidaria battuta di Don Abbondio su Carneade. Già perchè Majid Faraj lo conoscono davvero pochi fuori dai Territori occupati. Ed è sconosciuto persino a un buon numero di palestinesi. Eppure questo nome che non dice molto appartiene all’uomo che più di ogni altro, in questo giorno in cui Abu Mazen celebra (almeno lui) 10 anni di presidenza dell’Autorità nazionale palestinese, metà dei quali oltre il suo mandato ufficiale, appare il più serio candidato a sedersi sulla poltrona palestinese che più conta (si fa per dire) e più scotta. Abu Mazen il prossimo 26 marzo avrà 80 anni e lui stesso ripete di non avere intenzione di ricandidarsi. Ammesso che si tengano nuove elezioni presidenziali in Cisgiordania e Gaza di fronte al riesplodere della tensione tra Fatah, il partito del presidente, e il movimento islamico Hamas.

 

Perchè proprio questo Carneade della scena politica palestinese sarà, con ogni probabilità, il futuro capo dell’Anp? Ci sono altri esponenti di Fatah più noti e carismatici. Primo fra tutti Marwan Barghuti, il “Nelson Mandela” della Palestina. Certo, Barghouti è in carcere in Israele dove sconta cinque ergastoli, ma tanti palestinesi lo amano, lo vedono come il presidente ideale, anche Hamas lo rispetta e con adeguata pressione internazionale su Tel Aviv potrebbe tornare in libertà. Barghouti però ha un “carenza” non insignificante. Non piace agli Stati Uniti, e Israele non vuole vederlo alla guida dei palestinesi. Al contrario Majid Faraj ha il curriculum giusto. È il capo del mukhabarat, il servizio di intelligence dell’Anp che coopera con la sicurezza israeliana (Shin Bet) in Cisgiordania. Vanta inoltre una provata collaborazione con la Cia nello scacchiere mediorientale – ne hanno riferito media americani e arabi – e nel quartiere generale di Langley è stato ricevuto con tutti gli onori per aver contribuito alla cattura del leader jihadista, supericercato dagli Usa, Abu Anas al-Libi.

 

Da allora la Cia e l’Amministrazione Usa guardano a Majid Faraj come il futuro capo dell’Anp. Lo stesso Abu Mazen lo promuoverlo come suo delfino, anche in funzione anti Mohammed Dahlan, il suo nemico espulso da Fatah. Faraj di recente ha svolto un ruolo decisivo per il collegamento tra l’Egitto e Hamas (ai ferri corti) quando la scorsa estate, durante l’offensiva militare israeliana contro Gaza, la delegazione palestinese ha raggiunto il Cairo per discutere le condizioni del cessate il fuoco. E quando Mohammed Shtayyeh, perenne negoziatore dell’Anp, decise qualche mese fa di uscire dalla mini delegazione dell’Anp (con Saeb Eraket), formata per i nuovi contatti con Israele, Abu Mazen lo rimpiazzò subito con Faraj, pare su insistenza John Kerry. Un “ufficiale e gentiluomo,” i requisiti ideali per un “partner di pace” avrebbe detto Kerry del capo dell’intelligence palestinese.

 

Eppure il background del Mr. Sicurezza dell’Anp è simile a quello di tanti palestinesi. Cresciuto in un campo profughi, Dheisheh, – a due passi da Betlemme, visitato l’anno scorso da papa Francesco –, Faraj fa parte di Fatah sin dall’adolescenza. Attivista di Shabiba, il movimento giovanile del partito, ha trascorso diversi anni nelle prigioni israeliane per la sua partecipazione alla prima Intifada ed era noto come un accanito “resistente” all’occupazione militare israeliana. La svolta è avvenuta con la nascita dell’Anp nel 1994, quando Faraj decise che il suo posto era nel neonato servizio segreto palestinese. Per anni ha eseguito fedelmente, facendo un rapida carriera, gli ordini del suo potente comandante in Cisgiordania, Jibril Rajoub, travolto della seconda Intifada e costretto a lasciare l’incarico (oggi Rajoub dirige la Federazione Calcio Palestinese ma resta un influente membro di Fatah). Nel 2009 Faraj è stato nominato capo dell’intelligence.

 

Abu Mazen, stando alle voci che abbiamo raccolto tra i dirigenti di Fatah, intende promuovere l’ascesa di Faraj al prossimo congresso del suo partito, oltre a “dimissionare” i fedelissimi di Dahlan dal Consiglio Rivoluzionario e dal Comitato Centrale. Quando avrà inizio il congresso però non è chiaro. Doveva tenersi a fine mese, ora si parla di aprile. Faraj ha pazienza, sa aspettare. Lo preoccupa solo una cosa: le incessanti manovre dietro le quinte dei suoi compagni di Fatah. Piace a Usa e Israele ma non tutto il partito vuole vederlo presidente.