Tutti contro tutti, anche nelle opposizioni. Oggi è il giorno dei premi di consolazioni: alla Camera e al Senato si votano i vicepresidenti, due per ramo del Parlamento spetteranno alle opposizioni che arrivano all’appuntamento divise. E poi i 3 questori (che tengono la borsa delle camere) e giù fino ai segretari d’aula.

Calenda, convinto che Pd e M5S si siano già messi d’accordo per far fuori il cosiddetto terzo polo dalle postazioni più ambite, annuncia che i suoi non parteciperanno al voto. Ma non è chiaro se lo faranno anche i renziani, che si muovono già come una pattuglia a parte, con il capobranco che punta a trovare una poltrona per Maria Elena Boschi, magari con i voti di Meloni, dopo il favore fatto al Senato con i voti a La Russa (episodio smentito da Renzi).

IL PIÙ CHIARO DI TUTTI è stato il Pd che ha già indicato i suoi nomi: Anna Ascani come vice a Montecitorio e Anna Rossomando (della sinistra interna) confermata per la vicepresidenza del Senato. In casa M5S, invece, ci sono ancora due derby: l’ex viceministra Alessandra Todde o l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa alla Camera; mentre al Senato Mariolina Castellone (non confermata capogruppo) dovrebbe avere la meglio sul titolare uscente dell’Agricoltura Stefano Patuanelli. In casa dem il messaggio arrivato dagli ex alleati è quello di votare Castellone.

GIOCHI PRATICAMENTE fatti a destra: i vice del leghista Fontana dovrebbero essere Giorgio Mulè per Fi e l’uscente Fabio Rampelli per Fdi. In Senato toccherebbe al leghista Andrea Ostellari (che da presidente di commissione fu protagonista dell’affossamento del ddl Zan) e all’eterno Maurizio Gasparri per Fi (anche per lui sarebbe una conferma). Ma al suo posto, a sorpresa, potrebbe andare al patron della Lazio Claudio Lotito.

Ancora incerti i nomi dei due questori in quota opposizioni, che dovrebbero essere divisi tra Pd e M5S, uno alla Camera e uno al Senato: circolano i nomi dei senatori dem Bruno Astorre e Andrea Martella, mentre Cecilia D’Elia dovrebbe essere eletta segretaria d’aula.

DOPO CHE LUNEDÌ Renzi aveva annunciato di volersi rivolgere al Quirinale per protestare, ieri Calenda ha annunciato: «Pd e M5S si prendono tutto. Al momento del voto usciremo dalle aule. Da Mattarella metteremo sul piatto che c’è una opposizione che ha preso quasi l’8% e non ha alcuna figura di garanzia». In realtà in casa terzo polo ci sono ben altri problemi: la tensione crescente tra Renzi Calenda (smentita dal leader di Azione).

I boatos di palazzo raccontano che il fiorentino si sia infuriato dopo che Calenda ha annunciato che l’altro non sarebbe andato al Colle per le consultazioni. «Ha molti impegni all’estero». Per Iv ci saranno Teresa Bellanova e Raffaella Paita. Della cosa i due avevano discusso, ma non c’era alcuna decisione presa.

ANCHE I RAPPORTI COL PD restano tesissimi: «Da Renzi e Calenda provocazioni e attacchi insopportabili», ha detto ieri Letta ai parlamentarti Pd. «Non ho mai visto nella mia vita politica una situazione così incomprensibile, che rende l’immagine di un’opposizione dove ognuno è per conto suo. Lo stesso problema riguarda anche il M5S, anche se con forme comportamentali diverse». «L’unico modo di mettere in crisi la maggioranza è che le opposizioni siano unite, in particolare in Senato. Ma se la maggioranza ha pronti gli ascari pronti a sostituirsi tutto è vano», ha aggiunto Letta.

I dem, con Marco Meloni, hanno chiesto un incontro ad Azione, rivela il neo capogruppo Richetti. Per tentare una qualche forma di tregua. Ma senza aprire a concessioni su una vicepresidenza. «Le loro sono richieste irrealistiche», sbotta il dem Mirabelli. Conte replica gelidamente a Letta: «Siamo interessati a lavorare sui temi sulle nostre battaglie che faremo dall’opposizione. Strada facendo, vedremo chi le condivide, inutile fare discorsi a tavolino o accordi preventivi. L’opposizione si dimostra, facendola. Noi saremo intransigenti».