I familiari delle vittime della strage di Viareggio chiedono le dimissioni di tutti coloro che sono stati condannati nel processo di primo grado, e che hanno tuttora incarichi pubblici in società delle Ferrovie dello Stato o in altre partecipate statali. Fra questi anche Mauro Moretti, attuale ad di Finmeccanica-Leonardo, ex numero uno di Rfi e poi dell’intero gruppo Fs. “Il sistema ferroviario è stato riconosciuto responsabile di inadempienze e omissioni. Ed è stato sancito che i vertici avevano potere di intervenire”. Analisi sintetica ma impeccabile fatta da Marco Piagentini, portavoce dell’associazione “Il mondo che vorrei”, che nel disastro ferroviario del 29 giugno 2009 ha perso la moglie e due dei tre figli. E che solo per la sua straordinaria forza di volontà è sopravvissuto a ustioni terribili.
Il giorno dopo la sentenza del Tribunale di Lucca, i familiari fanno il punto della situazione. “A poche ore dalla lettura del dispositivo – spiegano – possiamo dire che il sistema ferroviario del trasporto merci pericolose, tanto in Italia quanto in Europa, è stato riconosciuto responsabile”. Ma la battaglia delle famiglie delle 32 vittime andrà avanti: “Chiederemo il ricorso in appello: il lavoro della procura va valorizzato. Una valutazione definitiva potremo darla solo dopo la lettura delle motivazioni della sentenza. Ma useremo tutte le nostre forze nel ricorso in appello, affinché la qualità di questa sentenza corrisponda alle richieste quantitative e qualitative della procura di Lucca”.
L’associazione “Il mondo che vorrei” sa bene che due dei quattro capi di imputazione, l’incendio e le lesioni colpose plurime – gravissime per decine di feriti devastati dall’incendio – sono prossime alla prescrizione. Di qui una richiesta: “Chiediamo a chi è imputato, se non si sente colpevole, la rinuncia alla prescrizione e di farsi giudicare in appello”. Quanto al commento di Armando D’Apote, difensore di Moretti (“Rilevo il frutto del populismo che trasuda dalla sentenza, l’esito del processo è scandaloso”), la reazione dei familiari è vibrante: “Riteniamo offensive le dichiarazioni dell’avvocato. Ed è moralmente inaccettabile che dopo una condanna di primo grado Mauro Moretti sia ancora a guidare un’azienda di Stato. Ne chiediamo le dimissioni, e che sia tolto a Moretti il titolo di Cavaliere”.
Su quest’ultima richiesta arriva a stretto giro di posta il diniego del Senato, che respinge una mozione presentata, al solito in solitaria, dal M5S. Quanto alle dimissioni, a marzo scadrà il mandato dell’ad di Finmeccanica-Leonardo. A quel punto toccherà al governo Gentiloni, alle prese con i rinnovi dei vertici delle partecipate statali, decidere su Moretti. Protetto, al momento, non solo dalle forze politiche dell’area di governo (Pd-Ap-Ncd-Ala) ma anche dalla destra.
Sul blocco della prescrizione per la strage di Viareggio arriva al tempo stesso una doccia gelata da parte del Guardasigilli Andrea Orlando: “Qualsiasi provvedimento sulla prescrizione non avrà valore sui processi in corso”. Il ministro della giustizia interviene nell’aula di Montecitorio nel corso del question time, e nelle pieghe del ddl sulla riforma del processo penale osserva comunque: “C’è urgente necessità di una revisione organica della disciplina. Queste istanze sono state affidate al ddl di riforma penale di cui anche in sede Ocse si è auspicata la più rapida approvazione. I dati dimostrano che la prescrizione conserva una rilevante incidenza sulla sorte dei procedimenti, in tutti i gradi di giudizio, ma i dati variano nel confronto tra i diversi uffici giudiziari e all’interno dei distretti”.
Orlando chiude anticipando che il ddl ritorna al Senato. Ma sul punto Loredana De Petris di Sinistra italiana attacca: “La decisione di far rivivere nel calendario dei lavori la riforma del processo penale, arriva perché si vuole avere l’appiglio giusto per poter staccare la spina al governo e andare al voto”. La riforma, in effetti, era stata accantonata prima del referendum perché contiene misure, su temi come la pensione dei magistrati, le intercettazioni e la stessa prescrizione, considerati divisivi per la maggioranza.