Zibaldone lirico e autobiografico scritto di getto durante un tour di ventidue date che ha attraversato gli Stati Uniti, The Sick Bag – Song (ossia il sacchettino del vomito che danno sulle linee di volo…) vede la luce in uno dei momenti più drammatici della lunga carriera di Nick Cave. La morte del figlio, precipitato dalle scogliere di Brighton, dove il musicista si è ritirato a vivere, getta un’ombra tremenda su quella che unanimemente era stata accolta come la rinascita artistica caveiana.

Push the Sky Away, album che ha cementato la collaborazione con Warren Ellis, dopo il divorzio da Blixa Bargeld, ha inaugurato di fatto una nuova stagione della creatività del musicista. The Sick Bag – Song ci permette quindi di ritrovare Nick Cave all’apice di un processo creativo che la prosa poetica frammentaria, urticante e veloce, condensa in immagini potenti e icastiche. Le associazioni mentali e visive si muovono fulminee a ridosso di un immaginario biblico e pagano, come se Harry Crews e il Vecchio Testamento si scontrassero in un violento testa-coda alcolico. Eppure, rispetto alle precedenti prove letterarie di Cave, si nota all’opera un pensiero che organizza e raccoglie il materiale. Versi si alternano a prose poetiche e brani più strettamente narrativi; come un cinegiornale scritturale che traduca in immagini le lunghissime ore trascorse attraversando il Grande Paese.

Gli aspetti più interessanti del libro sono probabilmente i momenti nei quali l’urgenza poetica si scioglie di canto diaristico, autoriflessivo. Momenti nei quali Cave letteralmente pensa il lavoro della sera precedente analizzandolo come se lui fosse il primo e il principale «critico» di sé stesso. «Mi piace l’idea che alla fine i nostri desideri ci distruggono – è stranamente rassicurante, anche se non è del tutto vero. È la nostra mancanza di desiderio che ci conduce alla fine».

Oppure traslandolo nell’opera di un artista diametralmente diverso da lui. «Qualcosa di inenarrabile e profetico avvenne in quel momento, mentre la canzone si stabiliva in noi, prendeva possesso di noi, e il corso della nostra vita insieme sarebbe cambiato per sempre». Il musicista dunque si mette in scena – in forme più evidenti che in passato – come primo destinatario del suo lavoro rivelando anche passioni e amori apparentemente lontanissimi dal suo universo poetico. «Bryan Ferry divenne un vero dio dotato del pericoloso potere di determinare il destino con la più bella voce che esista al mondo».

Attraverso capitoli che sono traiettorie di un viaggio, Cave ci conduce in realtà nei meandri di un viaggio segreto, meno evidente, quello della creazione artistica. Attento nell’osservare ciò che si muove al di fuori e dentro di lui («Alla fine tutti sono venuti a vivere dentro di me») giunge a conclusioni, temporanee e crudeli, dichiarando «Il vero artista è un sogno in espansione! L’artista carogna è l’incubo per contratto! Il vero artista è nel presente e del presente! L’artista carogna vive nella memoria e nella storia!». Ovviamente in questa processione di immagini e dichiarazioni, Cave ripropone anche alcuni dei limiti della sua prosa scritta che nelle performance, invece, sono riscattati dall’energia e dalla partecipazione.

Lo stesso Cave, d’altronde ammette, che «The Sick Bag Song è piena di tutto ciò che amo e detesto». Resta infine da osservare che data la natura del lavoro, sarebbe stato opportuno o un testo a fronte con l’originale, o un sedicesimo in coda al volume per permettere di verificare il tono e il sapore dell’originale, cosa che per gli amanti di Nick Cave è questione cruciale. Ciò detto The Sick Bag – Song, pur non rivelando cose particolarmente nuove sul musicista, il suo mondo e la sua scrittura, resta una lettura a tratti addirittura appassionante che si rivela utile sia per chi voglia avvicinarsi a Nick Cave per la prima volta, sia per i completisti più ardenti.