Ci sono libri difficili da definire, da far rientrare in un canone prestabilito. O meglio ci sono libri che pur rientrando a pieno titolo in un genere è come se sconfinassero, ne alterassero gli equilibri consolidati. Può subentrare, allora, nel lettore uno straniamento, uno spiazzamento rispetto alle aspettative. Proprio questa sorta di spaesamento è forse l’effetto più profondo che viene suscitato in chi legge la nuova inchiesta dedicata da Valerio Varesi al suo commissario Soneri, intitolata La paura nell’anima (Frassinelli, pp. 324, euro 18,50).
Il romanzo, infatti, pur rispettando tutte le regole del noir, sembra concentrarsi più sui meccanismi che consentono la diffusione di un sentimento molto potente come quella paura citata nel titolo all’interno di una comunità. E sulle conseguenze che questo comporta a livello di cambiamenti profondi nelle relazioni tra le persone, nelle abitudini consolidate di vita, nei modi stessi di pensare e di vedere se stessi e gli altri.
Si vede poi come, insieme alla paura, emerga tutto un corredo di passioni tristi, rancore, invidia, odio. Tutto ha inizio con una vacanza estiva che il commissario Soneri insieme ad Angela, la compagna avvocato, decie di concedersi a Montepiano, sul suo amato Appennino, per sfuggire dall’afa che affligge Parma.
Non sono quasi nemmeno arrivati, che una notte un urlo squarcia il silenzio del piccolo paese. Il grido è stato lanciato da un uomo che viene ritrovato nel bosco in stato confusionale e con una ferita alla gamba. Il ferito non ricorda niente, non sa dire chi gli abbia sparato né il motivo. A questo primo evento ne seguiranno altri. Innanzi tutto si diffonde la notizia che nei boschi vicini si nasconda il serbo Vladimir, assassino e rapinatore, il criminale più ricercato di Italia. E qui Varesi rielabora a modo suo un fatto reale, il caso di Igor il russo – che poi non era neanche russo – il cosiddetto killer di Budrio, che per tanto tempo è sfuggito alla cattura nascondendosi nelle campagne tra Bologna e Ferrara.
A Montepiano arrivano allora i reparti speciali dei carabinieri, ma il fuggiasco sembra un fantasma, appare e scompare, addirttura si prende gioco degli inseguitori postando sue foto sui social. Ci scapperà, naturalmente, anche un morto e al commissario verrà chiesto di occuparsi delle indagini, nonostante sia in vacanza.
Soprattutto in ognuno, perfino nell’animo di Soneri, si instillerà la paura. Nel paese prima tranquillo si diffondono inferriate, cani da guardia, telecamere di sicurezza. Nessuno si fida più di nessuno, emergono vecchi rancori, si rinnovano rivalità feroci. E tornano credenze che sembravano dimenticate di mostri ed esseri soprannaturali. Non solo cambiano la vita, le consuetudini e le persone stesse ma si evidenzia sempre di più che quell’immagine idilliaca del paese che anche Soneri conservava era falsa, già corrotta, fondata su di equilibrio instabile. Ed emerge in piena luce tutta la meschinità, la cattiveria, il marcio presente nella piccola comunità di montanari. Il tutto analizzato e narrato attraverso il personale stile di Varesi, una scrittura indubbiamente colta e raffinata, aliena dal modo di raccontare basato sull’effetto oggi spesso imperante, eppure capace o forse proprio per questo perfettamente in grado di mantenere alta l’attenzione e la suspence e di tenere avvinto il lettore alla pagina.
Un lettore che però è costretto a porsi domande che esulano dal semplice whodunit, e riguardano invece la condizione attuale della società avanzata e delle strategie messe in campo per governare e ottenere il consenso. E costringendolo soprattutto a ricordare che, come recitava il titolo di un bellisiismo film di Rainer Werner Fassbinder, La paura mangia l’anima.