L’attenzione al dettaglio è tale che fra i disegni preparatori dei film Pixar ci sono anche degli studi sulle foglie, o su una singola bocca di leone che andrà a comporre il variegato mondo in cui si muovono gli insetti protagonisti di A Bug’s Life (1998), di John Lasseter.

Disegni – a matita, pennarello, acquerelli o digitali – studi preparatori e storyboard che fanno parte della mostra inauguratasi oggi al Palazzo delle esposizioni di Roma: «Pixar – 30 anni di animazione», in programma fino al 20 gennaio e che celebra proprio i trent’anni trascorsi dall’uscita di Tin Toy, il cortometraggio di Lasseter del 1988 che inaugura la lunga attività dello Studio statunitense – vincendo anche un Oscar – con la storia di un giocattolo/omino di latta in fuga da un terribile bebè viziato, e che sarà poi il punto di partenza del primo film d’animazione digitale della storia: Toy Story , del 1995.

Una mostra itinerante e in continua evoluzione, nata anch’essa per impulso di Lasseter che dieci anni fa chiese a Elyse Klaidman (oggi direttrice delle Mostre e degli Archivi Pixar Animation Studios, a Roma per l’inaugurazione dell’evento) di curare un’esposizione per i vent’anni della Pixar. Di anno in anno la mostra si è così arricchita dei materiali sui nuovi film e a Roma, dove la cura Maria Grazia Mattei, è organizzata in tre percorsi tematici: personaggi, storie e mondi. Un viaggio nella progressiva affermazione dell’immagine digitale come medium di storie per il grande schermo e nella complessa e articolatissima genesi dei film Pixar – spiegata in modo da essere comprensibile anche per i più giovani.

Basta guardare i bellissimi studi a matita sulla barriera corallina e sugli effetti della luce nell’acqua per la preparazione di Alla ricerca di Nemo (Andrew Stanton, 2003) per comprendere ciò che dice Mattei quando paragona lo Studio d’animazione a una «bottega rinascimentale» in versione digitale. La mostra al palazzo delle esposizioni ne ripercorre naturalmente anche la storia, a partire dalla nascita come divisione informatica della Lucasfilm nel 1979 e fino all’uscita – in Italia poche settimane fa – di Gli incredibili 2 di Brad Bird.

Fu proprio George Lucas infatti a commissionare a Ed Catmull, uno dei fondatori della Pixar, e al suo team la scrittura di un algoritmo chiamato Reyes, Render Everything You See – un nome suggestivo specialmente se pensato oggi, alla luce delle meraviglie digitali di film come Coco o Wall-E.

Una delle installazioni più belle è lo zootropio di Toy Story, realizzato nel 2005 da J. Warren Trezevant e Loren Carpenter sulla falsariga dei dispositivi ottici ottocenteschi che rendevano possibile l’immagine in movimento prima della nascita del cinema. Una «giostra» con Woody, Buzz e gli altri protagonisti del film che vengono animati grazie alla luce e al movimento, e ispirata a quella realizzata dal giapponese Studio Ghibli sul Mio vicino Totoro.

In programma  anche una rassegna di tutti i lungometraggi Pixar – al via venerdì 19 ottobre proprio con la proiezione di Toy Story, si conclude il 13 gennaio con Incredibles 2– e una serie di incontri sul tema dell’animazione.
Una mostra, infine, che è anche un monumento al genio di John Lasseter, e un «involontario» atto d’accusa contro la sua recente cacciata dallo Studio che ha fondato e reso grande.