Il Consiglio dei ministri ha concluso ieri sera la procedura di individuazione dei nuovi collegi elettorali, resa necessaria dall’approvazione a fine ottobre della nuova legge conosciuta come «Rosatellum». Il governo ha approvato il decreto legislativo per il quale aveva ricevuto la delega dal parlamento e ha deciso di accogliere le richieste approvate a maggioranza nelle commissioni affari costituzionali di camera e senato. Non tutte, perché i pareri delle due camere differivano in due punti; palazzo Madama chiedeva una modifica in due collegi uninominali dell’Emilia Romagna per il senato, e Montecitorio chiedeva una variazione in due collegi uninominali della circoscrizione Lombardia 3 per la camera. Sole queste richieste, non essendo state condivise dai due rami del parlamento, sono state respinte. Tutte le altre, comuni e identiche – riferite alle regioni Toscana, Campania, Lazio, Sicilia, Basilicata, Piemonte, Abruzzo e Sardegna – sono state accolte dal governo e trasferite nel decreto legislativo.

Sono così in totale 41 le variazioni ai collegi uninominali e plurinominali rispetto al lavoro della commissione tecnica presieduta dal presidente dell’Istat Alleva e condivise tra Pd e Forza Italia. Presentate dai relatori Fiano, renziano del Pd, e Torrisi, berlusconiano, sono state ieri trasferite nel decreto del governo. Che in precedenza aveva girato alle commissioni parlamentari il lavoro tecnico con qualche «avvertenza» frutto delle perplessita dei renziani. Soprattutto per la Toscana, dove alla fine il collegio uninominale di Empoli, che comprende Rignano, paese del segretario, è stato spostato nello stesso collegio plurinominale della camera di Firenze.
Sono in totale 295 i collegi della camera (232 uninominali e 63 plurinominali) e 150 quelli del senato ( 116 uninominali e 34 proporzionali).

Il caso vuole che già oggi della nuova legge elettorale si occuperà la Corte costituzionale. Che nel pomeriggio in camera di consiglio dovrà esaminare l’ammissibilità di quattro ricorsi contro la procedura di approvazione con la fiducia delle leggi elettorali, l’Italicum (ormai sostituito) e il Rosatellum. La corte potrebbe ammettere i ricorsi e riservarsi di decidere nel merito successivamente, ma in questo modo lascerebbe nell’incertezza le imminenti elezioni. Più facile che dichiari l’inammissibilità. I due ricorsi contro il Rosatellum si configurano come un conflitto di attribuzione del parlamentare, o del gruppo parlamentare, contro la camera e il senato per l’approvazione mediante il voto di fiducia. Sono stati presentati dal capogruppo dei 5 Stelle al senato e da una deputata grillina, per iniziativa dell’avvocato Besostri, prima che la legge fosse promulgata. E a firma di un senatore del gruppo misto, per iniziativa del Codacons, ma quando la legge era stata approvata solo alla camera. Relatore di quest’ultima causa sarà il giudice costituzionale che ha scritto la sentenza contro l’Italicum, Zanon. Relatrice della causa di Besostri, che nei suoi ricorsi ha citato un libro di Zanon in cui si sostiene il diritto del singolo parlamentare a presentare conflitto di attribuzione con la sua camera, la giudice Cartabia. La stessa giudice che nel giugno dell’anno scorso ha scritto il giudizio di inammissibilità per il ricorso di cinquanta senatori di centrodestra contro la legge sulle unioni civili. Sulla base del principio per cui la Consulta non giudica sulle modalità di svolgimento dei lavori parlamentari.