La terza via di Mario Draghi alla concorrenza si chiama «trasparenza». Prima dell’approvazione del Ddl sulla concorrenza, avvenuta ieri in consiglio dei ministri dopo quattro mesi di rinvii per i contrasti interni alla maggioranza, il presidente ha detto che «i governi hanno preso due strade. Alcuni hanno provato a passare delle misure molto ambiziose senza però cercare il consenso politico. Il risultato è stato che in larga parte questi provvedimenti non sono stati attuati, anche per l’opposizione di tanti gruppi d’interesse. Altri governi hanno ignorato la questione. Questo governo intraprende una terza strada, che crediamo più efficace». La «trasparenza» scelta come metodo in realtà rinvia la maggior parte dei provvedimenti più importanti e spinosi come gli inceneritori dei rifiuti, le norme per incentivare il ricorso alle gare nel Trasporto pubblico locale, quelle sui notai, le concessioni balneari o quelle degli ambulanti, due dei capitoli discussi della cosiddetta direttiva Bolkestein.

SUL TRASPORTO pubblico non di linea, i taxi, il governo ha confermato una delega, ma i sindacati del settore sono già sul piede di guerra. Il problema è, in questo caso, la liberalizzazione del mercato delle piattaforme digitali. Si teme di aprire un’altra porta a Uber e consimili. «La normativa che disciplina il settore è già stata profondamente revisionata e adeguata nel 2019» sostengono i sindacati per i quali «c’è la possibilità che le istituzioni possano cedere alle pressioni esercitate da gruppi di interesse e alle fameliche mire di grandi multinazionali che gestiscono piattaforme di intermediazione tecnologica, abbandonando così i lavoratori del settore a ricatti e sfruttamento, trasformandoli di fatto da drivers in riders». Altre norme sono previste nella telefonia. Le compagnie dovranno avere il consenso del cliente prima di addebitare costi di servizi in abbonamento offerti da terzi tramite call center. Questo per evitare le attivazioni fraudolente.

COME GIÀ FATTO SUL CATASTO – un’altra bomba, per la parte destra della sua maggioranza, Draghi ha presentato la «trasparenza» come un’esigenza di «mappare tutte le concessioni in essere, come quelle relative alle spiagge, alle acque minerali e termali, alle frequenze». Nell’ottica neoliberale in cui agisce il governo questa operazione si chiama audit, cioè dare gli strumenti conoscitivi ai cittadini per verificare «quanto ciascun concessionario paghi per esercitare la sua attività. Ci aspettiamo che questo esercizio metta in evidenza la frammentazione delle competenze tra amministrazioni centrali e territoriali e la scarsa redditività per il governo della maggior parte delle concessioni». Questione già nota, ma l’operazione di verifica ritenuta essenziale ai fini della realizzazione del «piano di ripresa e resilienza» di cui questo Ddl rappresenta il viatico.

«RIFORME ABILITANTI». Nel gergo neoliberale ricorrente nel governo, e in Europa, si usa questo concetto per «facilitare» la concorrenza nei campi scelti per investire una parte sostanziosa degli oltre 191 miliardi di euro stanziati dalla Commissione Europea, nel campo della transizione energetica verso un capitalismo verde e della digitalizzazione dei servizi e del loro mercato. «Adempiamo a tutti gli obblighi che avevamo assunto con il Pnrr – ha detto Draghi – non si ferma comunque a questo disegno di legge. La tutela della concorrenza è un obiettivo trasversale a tutta la politica economica del governo. Ne sono esempi la legge sulle lauree abilitanti, prevista dal precedente esecutivo, e la recente apertura delle tratte a medio e lunga percorrenza per i bus».

UN ALTRO concetto del repertorio neoliberale è utile per spiegare il senso del provvedimento: il benchmark, cioè la creazione di un parametro di valutazione in base al quale misurare la «qualità» di un servizio o di un mercato: «In materia di salute – ha evidenziato Draghi – abbiamo modificato i criteri di accreditamento e convenzionamento delle strutture private, per valorizzare la qualità dei servizi offerti. Abbiamo modificato le modalità di selezione della dirigenza medica, per basarla su criteri certi e limitare la discrezionalità».

UNA TRENTINA di deputati dei Cinque Stelle pensano che la vita scelta da Draghi sia tutt’altro che «trasparente». A loro avviso dal provvedimento manca un aspetto non proprio secondario: la democrazia parlamentare. «Manca la «trasparenza» e il parlamento non è stato per nulla coinvolto, come invece era stato promesso – si legge in un’interrogazione a Draghi. Chiedono di rimediare subito, partendo dal sito dedicato al Recovery, Italiadomani, che al momento «non consente un monitoraggio» del piano».