Haifa Ghemal è un nome che molti ricorderanno, anche se ormai ogni nome di migrante riporta a storie mirabolanti che ognuno di loro potrebbe raccontare sulla propria vita. E sulla propria pelle, è davvero così, nel caso della donna siriana che dal proprio paese è arrivata fino a Stoccolma, assieme alla sua nipotina, lungo quella che siamo soliti chiamare «la rotta dei Balcani», e che anche per lei si è tramutata in una vera e letterale via crucis di cinquemila chilometri, superando prove disumane e difficoltà di portata davvero cosmica.
Occident express (produzione teatro dell’Umbria, in tournée) è il testo di Stefano Massini che questo percorso e la storia di Haifa Ghemal racconta. L’autore è uno specialista nella ricerca negli archivi e nel frugare le fonti possibili: da quelle indagini trae ogni volta dei testi teatrali cui il palcoscenico dà poi la necessaria «distanza» artistica, tanto sarebbero realistici e brucianti.

È stato così così per il testo suo più famoso, Lehman Trilogy, che nelle mani di Luca Ronconi è andato a costituire il testamento artistico del grande regista (e attualmente a Londra ne va in scena la versione inglese, con la regia di Sam Mendes). E anche rispetto all’argomento specifico non è la «prima volta» di Massini, che con Balcan Burger ci aveva già mostrato il dolore e l’ardore che può nascere dalle guerre politico/religiose nella balcanica Bosnia. Questa volta però l’impresa è ancora più ardita. C’è un’attrice di grande livello come Ottavia Piccolo che racconta ed «è» Haifa, ma intorno a lei c’è un intero ensemble musicale, che sulla partitura composta da Enrico Fink (suona il flauto e dirige il complesso), fa somigliare l’opera più che a una rappresentazione teatrale ad un vero melologo, pur senza arie da intonare. I solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo danno spessore e solidità al corpo di quella donna che taglia in due l’Intera Europa, da sud a nord, per fuggire dalla guerra verso la città scandinava, Anche a costo delle ferite e della fatica, e anche della «morte» che le tocca fingere immobile per lunghe ore, nascondendo sotto di sé la nipotina, dopo una folle sparatoria di rappresaglia di marca Isis.

Un racconto drammatico,e spesso tragico, di quell’odissea attraverso la «civile» Europa, compreso il lungo tunnel sotterraneo che Haifa deve superare, strisciando sulla pancia e portando con sé la bambina, sotto l’insensata barriera difensiva dell’Ungheria. Un racconto eccessivo anche solo da udire, se Ottavia Piccolo non sfoderasse tutta la determinazione e contemporaneamente la levità di quella eroina suo malgrado. Un racconto fascinoso e amaro anche se concluso dall’happy end in Svezia. Ma che non fa male ascoltare e riascoltare di questi tempi in cui razzismo e pregiudizio, opportunamente stillati da chi ne ha interesse, vanno costruendo attorno a tutti noi una bolla impermeabile di cieco e pericoloso egoismo.