Corpi e volti iraniani, e lingua farsi parlata nella maggior parte delle scene, nel cuore di Roma. Già questa scelta rende Verso la notte, primo lungometraggio di Vincenzo Lauria, un film «apolide» all’interno dell’attuale cinema italiano. Oltre a rivelare un cineasta dallo sguardo consapevole, attento alle sfumature tanto a livello di scrittura (sua è anche la sceneggiatura) quanto di messa in scena nella rappresentazione «sottovoce» di un disagio esistenziale che abita sia i due personaggi principali, Hesam e Maryam, sia Anna, la donna italiana senza fissa dimora e dal passato misterioso incontrata dalla coppia iraniana nelle strade della capitale. Hesam e Maryam hanno deciso di realizzare un documentario su di lei, seguendola nella sua quotidianità nomade, nella sua erranza con piccolo bagaglio che si trascina. È Hesam a raccontare «a posteriori» all’amico iraniano Mehran quello che gli è successo, quei due incontri che hanno rimesso in gioco la sua esistenza.
Verso la notte esplora con delicatezza sentimenti e stati d’animo, relazioni inattese e innamoramenti, filmando ovunque con discrezione e precisione le situazioni che sempre più coinvolgono i protagonisti e, al tempo stesso, ritraendo una pluralità di figure, anche in questo caso iraniane e italiane, con le quali Hesam e Maryam vengono in contatto. Anna, invece, appare e scompare, confessa alla videocamera dei suoi giovani interlocutori pensieri e preveggenze per poi sparire portando con sé il proprio dolore.

SENZA CASA è pure Hesam, che condivide un appartamento con un connazionale ma è sempre in riserva di soldi e, anche quando si trasferirà da Maryam, continuerà a perpetrare una condizione di instabilità economica e sentimentale, abitato dalla gelosia, dalla fragilità interiore di fronte a una donna determinata, sorretta da una libertà e una spontaneità nel vivere le relazioni che manca a Hesam. Conflitti, e risoluzione sospesa di essi, che sorgono e si manifestano nel corso di un film che si apre e chiude con due scene a descrivere lo smarrimento di Hesam: in un parco dove confida all’amico che «è la strada che devo cercare, è la strada quello che ho perso» e che «è qui la mia casa per ora»; nell’appartamento di Maryam, all’inizio di un nuovo giorno, accanto a lei che, con le lacrime agli occhi, ha preso la decisione di interrompere la relazione e gli prende la mano. Il primo piano finale è per lei, Hesam è di spalle. A loro due, Lauria dedica alcune delle scene più intense di Verso la notte, si pensi a quella che li vede camminare e sostare tra le dune, sulla spiaggia, infine abbracciati, dopo un dialogo e una domanda cruciale posta da Maryam (sono immagini che fanno affiorare altre figure femminili di altro cinema italiano apolide, Gli occhi stanchi di Corso Salani, Banat di Adriano Valerio).
Con una camera a mano mai invadente, grazie a un ottimo gruppo d’interpreti (a partire da Duné Medros, attrice italo-iraniana di teatro e cinema, nel ruolo di Maryam, alla quale offre una gamma di espressioni di notevole densità), alternando in maniera non fastidiosa colore e bianconero (usato per mostrare il punto di vista «documentario» quando Anna viene filmata da Hesam), Lauria, nato in provincia di Potenza nel 1973, esordisce con un’opera eccellente contraddistinta anche da un processo produttivo cooperativo che ha unito cast artistico e tecnico. Inoltre, va notato che cineasta, attrici e attori hanno già sperimentato una forma di lavoro collettivo partecipando a un altro film indipendente italo-iraniano, Le onde tenui del mare amico (2019) di Amir Hossein Kaveh, anch’esso girato a Roma.