Sono passati sei anni da quando il rumore di colpi d’arma da fuoco squarciava il silenzio della notte (tra il 2 e 3 marzo 2016) de La Esperanza, cittadina dell’Honduras, ferendo il messicano Gustavo Castro e uccidendo Berta Cáceres, indigena Lenca leader e fondatrice, nel 1993, del Copinh (Consiglio Civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras). Sei anni dopo, per la prima volta, il paese non ha un presidente che criminalizza attivisti e attiviste che lottano per la tutela dell’ambiente a causa della vicinanza interessata alla Desarrollos Energéticos SA (Desa), l’impresa che è dietro all’omicidio della storica ambientalista, o ad altre aziende di oligarchi che hanno sfruttato il territorio per speculare.

IL PROSSIMO 4 APRILE, dopo nove mesi, sarà finalmente letta la sentenza di condanna di David Castillo. L’ex presidente della Desa è stato ritenuto, in luglio, l’anello di congiunzione tra il commando che uccise Berta e chi diede l’ordine di eliminarla. Il governo guidato da Xiomara Castro, il 28 febbraio, ha decretato e comunicato «la cancellazione dell’approvazione dei permessi di sfruttamento estrattivista, dannosi per lo Stato dell’Honduras, che minacciano le risorse naturali, la salute pubblica e limitano l’accesso all’acqua come diritto umano», assieme alla salvaguardia delle aree dall’alto valore ecologico.

IL 27 GENNAIO Bertita Zúniga Cáceres, una delle figlie di Berta e ora coordinatrice del Copinh, è stata alla cerimonia d’investitura di Xiomara Castro e ha ascoltato la neo-presidente prendersi l’impegno di lavorare affinché venga fatta «verità sull’omicidio di Berta». Nonostante le parole, le promesse e i primi importanti passi fatti, l’attivista indigena guarda ai prossimi mesi e anni senza dimenticare le stratificate problematiche che attraversano il paese: per lei il prossimo futuro resta una sfida «perché 4 anni di governo, per quanto attento alle consegne popolari, non sono sufficienti per sovvertire il modello politico ed economico che si è configurato con il colpo di stato». L’attivista pensa che si profili «un futuro di lotta e resistenza per difendere le richieste dei popoli indigeni di tutelare il territorio e quindi contrapporsi al modello estrattivista». Bertita sottolinea come «in Honduras il potere reale è nelle mani di alcuni gruppi economici e strutture mafiose che non sono state smantellate», e quindi se si vuole costruire un paese più giusto si «dovrà riconoscere i popoli indigeni come soggetti di diritto».

IL RINNOVATO scenario politico aperto dalla presidenza di Xiomara Castro fa sì che attiviste e attivisti guardino al prossimo futuro mescolando speranze, consapevolezza e realpolitik. Tra loro c’è anche la nuova coordinatrice del Copinh. «La ricerca della giustizia per Berta continua a livello nazionale e internazionale. Siamo consapevoli – aggiunge – che non sarà facile processare i mandanti perché sono vincolati ai poteri economici dominanti. Per di più le massime cariche del sistema giudiziario non sono cambiate, sono le stesse di ieri con gli stessi livelli di corruzione che abbiamo visto e conosciuto negli anni. Il nostro obiettivo è che il popolo Lenca possa avere giustizia e per questo esigiamo che il governo tolga le concessioni idroelettriche al progetto Agua Zarca: emblema di come opera il modello estrattivista».